mercoledì 25 luglio 2012

L'amore e la paura - da Conversazioni con Dio


Tutte le azioni umane sono motivate al loro livello più profondo da uno o due sentimenti: la paura o l’amore. In effetti esistono soltanto due sentimenti, solo due parole nel linguaggio dell’anima. Esse rappresentano gli estremi opposti della grande polarità che ho creato quando ho dato vita all’universo, e al vostro mondo, come lo conoscete oggi.

Essi costituiscono i due punti, l’Alfa e l’Omega, dai quali è consentito al sistema da voi definito “relatività” di esistere. Senza questi due punti, senza queste due idee circa le cose, nessun altro concetto potrebbe esistere.

Ogni pensiero umano e ogni azione dell’uomo si basano sull’amore o sulla paura. Non c’è altra motivazione umana e tutti gli altri concetti derivano unicamente da questi due. Sono soltanto versioni diverse, variazioni sullo stesso tema.

Rifletti con attenzione e vedrai che è vero. È questo ciò che ho definito il Pensiero Promotore. Si tratta di un pensiero d’amore o di paura. Si tratta del pensiero dietro il pensiero dietro il pensiero. Si tratta del pensiero primario. Si tratta della forza primaria. Si tratta della forza bruta che guida il motore dell’esperienza umana.

È la ragione per cui il comportamento umano dà luogo a ripetute esperienze dopo ripetute esperienze; è la ragione per cui l’umanità ama, poi distrugge, poi ama di nuovo: c’è sempre l’oscillazione da un sentimento all’altro. L’amore promuove la paura che promuove l’amore che promuove la paura...

E la ragione risiede nella prima menzogna – la menzogna da voi sostenuta come la verità a proposito di Dio –, cioè che di Dio non ci si può fidare; che non si può fare affidamento sull’amore di Dio; che l’approvazione di Dio per quanto vi riguarda sottostà a determinate condizioni; che l’esito ultimo è perciò incerto. Perché se non vi è possibile fare affidamento sul fatto che l’amore di Dio è sempre disponibile, su quale amore potete fare affidamento? Se Dio si allontana e si sottrae quando non vi comportate bene, non lo faranno anche i semplici mortali?

E così, nel momento in cui impegnate il vostro più elevato amore, date il benvenuto alla più grande paura.

La prima cosa della quale vi preoccupate dopo aver pronunciate le parole “Ti amo” è di domandarvi se ve le sentirete ripetere in risposta. E se ve le sentite ripetere, cominciate allora subito a preoccuparvi del fatto di poter perdere quell’amore appena trovato. E in tal modo tutte le azioni diventano reazioni, una difesa contro la perdita, anche mentre cercate di difendervi contro la perdita di Dio.

Eppure se sapeste Chi Siete, cioè l’essere più meraviglioso mai creato da Dio, non avreste più timore. Perché chi potrebbe respingere una così stupenda magnificenza? Nemmeno Dio potrebbe trovare pecche in una simile creatura.

Ma non sapete Chi Siete, e vi considerate molto più scadenti. E da dove vi viene la convinzione di essere fino a tal punto meno meravigliosi di quello che siete? Dalle uniche persone in cui credete più che in ogni altro. Da vostra madre e da vostro padre.

Sono loro ad amarvi o ad avervi amato più di tutti. Perché dovrebbero mentirvi? Eppure non vi hanno forse detto che siete troppo di questo e non abbastanza di quello? Non vi hanno rammentato che dovete farvi vedere ma non sentire? Non vi hanno rimproverato in qualche momento della vostra più grande esuberanza? E non vi hanno incoraggiato a mettere da parte qualcuna delle vostre più sfrenate fantasie?

Tali sono i messaggi che avete ricevuto e, sebbene non corrispondano ai princìpi, e non siano perciò messaggi provenienti da Dio, potrebbero benissimo esserlo stati, perché sono giunti dagli dei del vostro universo.

Sono stati i vostri genitori a insegnarvi come l’amore soggiaccia a delle condizioni, avete subìto le loro molte volte, e questa è l’esperienza che portate nei vostri rapporti affettivi.

Ed è inoltre l’esperienza che Mi portate. Da questa esperienza tirate le conclusioni sul Mio conto. Dall’interno di questa struttura esprimete la vostra verità. «Dio è un Dio d’amore», sostenete, «ma se infrangete i suoi comandamenti, Egli vi punirà bandendovi in eterno e con un’imperitura dannazione.»

Non avete forse sperimentato il bando impostovi dai vostri stessi genitori? Non conoscete la sofferenza della loro condanna? Come potreste allora immaginare che le cose possano essere diverse nei Miei confronti?

Avete dimenticato ciò che significa essere amati senza condizioni. Non ricordate l’esperienza dell’amore di Dio. E così cercate di immaginare a che cosa potrebbe essere simile quell’amore, basandovi su quello che vedete dell’amore nel mondo.

Avete proiettato il ruolo di “genitore” su Dio, e siete quindi arrivati a concepire un Dio giudicante che premia e punisce, basandovi su come Egli apprezzi la conclusione a cui siete arrivati. Ma si tratta di un modo di vedere semplicistico circa Dio, fondato sulla vostra esperienza personale. Ciò non ha niente a che fare con quello che Io sono.

Avendo in tal modo creato un sistema di pensiero a proposito di Dio, basato sull’esperienza umana invece che sulle verità spirituali, date origine a un’intera realtà attorno all’amore. Si tratta di una realtà fondata sulla paura, radicata sul concetto di un Dio terribile, vendicativo. Il suo Pensiero Promotore è sbagliato, ma negare tale pensiero vorrebbe dire distruggere nella sua totalità la vostra teologia. E sebbene quella che verrebbe a sostituirla costituirebbe una vera salvezza per voi, non la potete accettare, perché l’idea di un Dio di cui non si dovrebbe avere timore, che non giudica e non ha motivo di punire, è addirittura troppo meravigliosa per essere abbracciata anche entro l’ambito del più grande concetto che possiate avere su chi e che cosa sia Dio.

Questa realtà di un amore fondato sulla paura domina le vostre esperienze affettive; e in effetti le crea. Perché non soltanto vedete voi stessi ricevere un amore soggetto a condizioni, ma vi vedete offrirlo nello stesso modo. E anche mentre vi negate e vi ritraete e ponete le vostre condizioni, una parte di voi si rende conto di come questo non sia quanto l’amore è veramente. Inoltre vi sembra che non si possa cambiare il modo in cui lo dispensate. Avete imparato la durezza, vi dite, e che siate dannati se avete intenzione di rendervi di nuovo vulnerabili. Eppure la verità è che sarete dannati qualora non lo facciate.

Grazie alle vostre stesse opinioni (sbagliate) circa l’amore, vi dannate non sperimentando in maniera pura. Inoltre, dannate voi stessi evitando di conoscerMi per quello che sono in realtà. Fin quando non finirete per farlo. Perché non sarete in grado di respingerMi per sempre e arriverà il momento della nostra Riconciliazione.

Tutte le iniziative intraprese dagli esseri umani si fondano sull’amore o sulla paura, e non soltanto quelle che riguardano i rapporti affettivi. Le decisioni riguardanti gli affari, l’industria, la politica, la religione, l’educazione dei giovani, l’ordine sociale della nazione, le mete economiche della società, le scelte in cui sono coinvolte la guerra, la pace, l’attacco, la difesa, le aggressioni, la sottomissione; le decisioni in merito ad agognare o a rinunciare, a serbare o a condividere, a unire o a separare... ognuna delle libere scelte che decidiate di fare si sviluppa da uno dei due unici possibili pensieri che esistono: un pensiero d’amore o un pensiero di paura.

La paura è l’energia che costringe, rinchiude, trattiene, trasforma, nasconde, accaparra, danneggia.

L’amore è l’energia che espande, apre, esprime, sopporta, rivela, condivide, risana.

La paura avvolge i vostri corpi con gli abiti, l’amore ci consente di starcene nudi. La paura si avvinghia e si aggrappa a tutto quello che abbiamo, l’amore distribuisce tutto quanto possediamo. La paura tiene costretti, l’amore tiene stretti. La paura afferra, l’amore lascia liberi. La paura affligge, l’amore consola. La paura guasta, l’amore migliora.

Ogni pensiero umano, ogni parola e ogni azione si fondano sull’uno o sull’altro di questi sentimenti. Non avete scelta a tale proposito, poiché non esiste nient’altro tra cui scegliere. Ma avete la possibilità di decidere a quale dei due rivolgervi.


Fai apparire tutto ciò così facile, eppure al momento della decisione la paura vince con maggiore frequenza. Perché?

Vi è stato insegnato a vivere nella paura. Vi è stato detto della sopravvivenza dei più idonei e della vittoria dei più forti e del successo dei più intelligenti. Vi hanno solo accennato alla gloria di chi ama di più. E quindi cercate di essere i più idonei, i più forti, i più intelligenti – in un modo o nell’altro – e se vi considerate come qualcosa di meno di questo in qualunque situazione, temete di perdere poiché vi è stato detto che mostrarsi inferiori significa perdere.

E così, naturalmente, scegliete i promotori dell’azione della paura, perché questo è quanto vi hanno insegnato. Eppure Io vi insegno quanto segue: Quando sceglierete i promotori delle iniziative dell’amore, vi troverete a fare qualcosa di più del limitarvi a sopravvivere, in tal caso otterrete di più di una vittoria, sarà per voi molto meglio dell’ottenere soltanto un successo. Sperimenterete la piena gloria di Chi Siete in Realtà, e di chi potreste essere.

Per fare questo potete mettere da parte gli insegnamenti dei vostri beneintenzionati, ma male informati professori terreni, e dare retta ai consigli di coloro la cui saggezza giunge da qualche altra fonte.

Esistono molte di queste persone in grado di insegnare in mezzo a voi, come sono sempre esistite, perché non intendo lasciarvi senza chi vi potrebbe istruire, mostrare la giusta via e guidarvi e ricordarvi queste verità. Per quanto chi potrebbe costituire il miglior maestro non sia nessuno al di fuori di voi, ma soltanto la voce del vostro cuore. Costituisce il principale mezzo da Me usato, poiché si tratta di quello più accessibile.

La voce interiore è la voce più sonora con cui ci si possa esprimere, dal momento che è quella più vicina a voi. È la voce che vi dice se una qualsiasi cosa è vera o falsa, giusta o sbagliata, buona o cattiva come voi l’avete definita. È il radar che stabilisce la rotta, manovra la barca, guida il viaggio se soltanto glielo consentite.

È la voce che vi dice proprio in questo momento se le parole che state leggendo sono parole d’amore o di paura. Grazie a questa valutazione potete decidere se ascoltarle o ignorarle.


– da “Conversazioni con Dio” di Neale Donald Walsch



martedì 17 luglio 2012

Meditare è ascoltare


I giusti atteggiamenti costituiscono solo l’inizio del viaggio spirituale, anche se perfezionare se stessi in tali ambiti richiede lo sforzo di una vita e comprende l’intero viaggio spirituale. Se da un lato è necessario il giusto atteggiamento per raggiungere la perfezione della meditazione, al tempo stesso è solo nella meditazione che le nostre attitudini possono essere perfezionate.

Che cos’è dunque la meditazione? Ecco una buona definizione: la meditazione è ascolto. Significa ascoltare non solo con l’orecchio, ma con l’anima, non solo il suono, ma il tacito linguaggio dell’ispirazione. Ognuno degli yama e dei niyama potrebbe essere descritto come una pratica per perfezionare l’arte dell’ascolto.

Considera il primo yama. “Non-violenza” è ascoltare il silenzio interiore, ascoltare in modo così attento da percepire la violenza che eserciti sulla tua pace interiore quando porti danno a qualcuno, sia pure solo nel pensiero.

“Evitare la falsità” significa “ascoltare” qualsiasi cosa accada, in questo caso imparando ad accettare ciò che non può essere evitato e a sentirsi completamente a proprio agio con esso. Significa non giudicare. Significa sforzarsi di sentire, dietro il silenzio interiore, la rassicurazione dell’anima che tutto è bene ed è come dovrebbe essere.

“Non-avarizia” significa vivere nella consapevolezza della libertà dell’anima, la compagna della pace meditativa. Significa “ascoltare” il silenzio che si trova dietro la baraonda dei desideri mondani nella mente.

La “non-accettazione” è ascoltare i divini suoni interiori (che saranno descritti più avanti); significa sapere in modo assoluto che questi suoni rappresentano la nostra sola realtà. Accettare che qualcosa possa appartenerci, siano pure i nostri talenti o i tratti della nostra personalità, può soltanto ostruire la conoscenza più profonda del Sé.

“Brahmacharya”, o controllo degli appetiti naturali, significa “ascoltare” le aspirazioni più vere, quelle dell’anima.

“Purezza” è ascoltare la “musica delle sfere”, che tutto purifica e che si ode nella meditazione profonda, invece delle influenze del mondo che insudiciano la pace.

“Appagamento” è ascoltare in un altro senso: non i canti delle sirene del desiderio, ma le armonie dell’anima simili a cori angelici, di gran lunga più piacevoli di ogni immaginabile soddisfazione mondana.

“Austerità” è ascoltare la voce della saggezza interiore, per quanto severa possa sembrare all’inizio; ascoltare le parole o le ispirazioni interiori che dolcemente, ma con fermezza, ci portano a svincolarci da ogni attività che ci distolga dal Sé. Persino i poteri che derivano dal perfezionare tapasya (austerità) vengono percepiti nella profonda meditazione come pure e semplici tentazioni della mente, dato che il loro scopo è ancora una volta quello di coinvolgerci nell’illusione.

“Studio di sé” (swadhyaya) significa, parlando in termini figurati, “ascoltare” le melodie di una motivazione pura, e imparare a distinguere tra queste e il rauco gracchiare di una motivazione che deriva dall’ego.

“Devozione al Signore Supremo” significa ascoltare in modo assorto il “Verbo” interiore che la Bibbia ci dice era «in principio», era «presso Dio», ed «era Dio». Il “Verbo” non è, come credono molti cristiani, la Bibbia stessa; non è neanche qualche altra sacra Scrittura. È l’AUM, il suono divino dal quale si è manifestato l’universo.

È troppo presto a questo punto per discutere in profondità di esperienze esoteriche come i suoni interiori. È importante però capire, mediante questo semplice accenno all’esistenza di tali esperienze, che la meditazione non è tanto un procedimento per acquietare la mente, quanto un modo per percepire realtà che esistono dietro la mente. Esiste un mondo interiore che può essere percepito soltanto quando si distoglie l’attenzione dal coinvolgimento materiale e la si dirige nuovamente verso la divina sorgente interiore.

Come ho già detto, la parola stessa “ascoltare”, nel modo in cui è usata in questo contesto, sta ad indicare molto di più che ascoltare mediante le orecchie. Significa, tra l’altro, fra tacere ogni aspettativa e lasciare che la mente si lasci completamente assorbire da qualsiasi ispirazione possa giungerle. Significa ricevere, invece di generare pensieri edificanti con la mente. Comprende ognuno di questi aspetti, ma dà a ciascuno di essi una dimensione più profonda.

Esiste infatti, letteralmente, una musica interiore che, se ascoltata, distoglie la mente da tutto ciò che riguarda il mondo e bandisce l’illusione di un’esistenza vissuta fuori dal Sé.

Così l’“ascolto”, se applicato alle attitudini di yama e niyama e alla scienza dello yoga in generale, chiarisce un equivoco molto diffuso; molti infatti immaginano che lo yoga insegni l’impegno personale, ma disdegni la necessità della grazia divina. Paramahansa Yogananda, in “Autobiografia di uno Yogi”, afferma: «Una verità non può essere creata; può soltanto essere percepita».

La grazia divina è sempre impersonale. Non dipende, come la volontà umana, dalle scelte o dalle inclinazioni personali. Non ha favoriti. Come la luce del sole, splende ovunque in modo imparziale. Ciò che impedisce alla luce del sole di arrivare ugualmente dappertutto è la presenza di ostacoli: nuvole, palazzi, tende che coprono le finestre. Ciò che impedisce alla grazia di raggiungerci è la presenza di ostacoli nella nostra coscienza.

Può darsi che non possiamo fare molto per rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla grazia: come le nuvole e i palazzi, essi sono messi lì dalla Natura o da altre persone – malattie, per esempio, o forme-pensiero negative – ma possiamo sollevare le tende che coprono le finestre della nostra mente. Questi ostacoli sono le nostre inquietudini mentali e i nostri desideri mondani.

È questa, dunque, l’azione benefica della pratica dello yoga: essa solleva le nostre tende mentali e ci aiuta ad ascoltare con più attenzione il divino richiamo interiore. È – per usare un’altra immagine – come girare il calice del pensiero e sentire, tenendolo rivolto in alto, che il vino della grazia può riempirlo. Se invece il calice è capovolto, la grazia che (a differenza della luce del sole) è supercosciente, non lo riempirà. Perché dovrebbe versarsi inutilmente sul pavimento?


– da “Supercoscienza. Risvegliarsi oltre i confini della mente”
di Swami Kriyananda



lunedì 9 luglio 2012

La sola cosa che conta è questo momento




- dal film "Peaceful Warrior" -

(tratto dal libro "La via del guerriero di pace" di Dan Millman)



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