domenica 15 novembre 2009

S’agapò tora ke tha s’agapò pantote


La felicità è un abbandono che a mezzanotte conduce alla casa col giardino di aranci e limoni dove entriamo in punta di piedi e incuranti dei poliziotti che controllano ogni tua mossa: due agli angoli della strada e due sul marciapiede. È un albero di gelsomini che fiorisce sotto la finestra alla quale ci siamo affacciati perché tu ne colga un ciuffo e tu me l’offra insieme alla tua timidezza. È una stanza di cui non vedo più lo squallore, le poltrone unte e sbucciate, i soprammobili brutti, gli assurdi diplomi in cornice: perché ci sei tu. È un bacio inaspettatamente pudico sulla mia fronte, mentre il vento fruscia tra i rami d’ulivo e ci porta la cantilena del mare. È una lacrima che inaspettatamente ti scivola giù per la guancia mentre sussurri: «Sono stato tanto solo. Non voglio stare più solo. Giura che non mi lascerai mai». È il tuo volto serio che si avvicina al mio volto serio, i tuoi occhi commossi che affogano nei miei occhi commossi, le tue braccia incerte che cercano le mie braccia incerte, neanche fossimo due ragazzi al loro primo incontro d’amore o sapessimo che ci accingiamo a compiere un rito da cui dipenderanno tutti i nostri anni a venire. È un silenzio lungo, impressionante, mentre le nostre labbra si toccano con esitazione, si uniscono con decisione, e i nostri corpi si allacciano senza timore, per adagiarsi palpitando nel buio, travolti da un fiume di dolcezza che abbaglia, cercando gesti dimenticati, agognati, e trovandoli per penetrarsi con armonia, di nuovo ed ancora, ed ancora ed ancora, quasi dovesse durare un’eternità. Il tempo ti appartiene ormai, nessun plotone di esecuzione avanza tra gli ordini secchi per condurti al poligono e fucilarti. Dopo ci fissiamo stremati, la testa appoggiata sullo stesso guanciale, ed esclami: «S’agapò tora ke tha s’agapò pantote». «Cosa significa?» «Significa: ti amo ora e ti amerò sempre. Ripetilo.» Lo ripeto sottovoce: «E se non fosse così?» «Sarà così.» Tento un’ultima vana difesa: «Niente dura per sempre, Alekos. Quando tu sarai vecchio e...» «Io non sarò mai vecchio.» «Sì che lo sarai. Un celebre vecchio coi baffi bianchi.» «Io non avrò mai i baffi bianchi. Nemmeno grigi.» «Li tingerai?» «No, morirò molto prima. E allora sì che dovrai amarmi per sempre.» Stai parlando sul serio o scherzando? Mi costringo a credere che tu stia scherzando, una luce beffarda guizza nella tua iride nera e un’allegria fatta di molti domani scatena il tuo corpo che subito mi ricopre insaziabile. Né bisogna ripensare a un dialogo sulla veranda: «Noi greci abbiamo la mania della veggenza e della tragedia. Forse perché l’abbiamo inventata». «Ma di quale tragedia parla?» «V’è solo un tipo di tragedia e si basa su tre elementi: l’amore, il dolore, la morte.»


- Oriana Fallaci, “Un uomo” -


1 commento:

Anonimo ha detto...

....quanto durera' l'Attesa di Te ...ASSENTE .
Quanto il rischio dell'anima mia
per Te.
Se vivere in quest'ombra
volesse dire amore chi piu'
di noi
vivrebbe per un solo ...
....batticuore .
fra.giglio1962@libero.it

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