lunedì 24 maggio 2010

Il momento presente è la porta verso la liberazione



del venerabile Ajahn Sumedho


Portate la vostra attenzione a questo momento, al qui ed ora. Qualsiasi cosa stiate sentendo fisicamente o emotivamente, di qualsiasi natura essa sia, questo è il modo in cui essa è. Questa conoscenza del modo in cui la cosa è si chiama consapevolezza; è il modo in cui noi facciamo esperienza dell’ora. Prestate attenzione a questo. Quando siamo pienamente coscienti, attenti al qui e ora senza attaccamento, allora non stiamo cercando di risolvere i nostri problemi, non stiamo ricordando il passato o pianificando il futuro. E se stiamo facendo queste cose allora fermiamoci e riconosciamo quello che stiamo facendo. Il non attaccamento significa che non stiamo creando niente di più nella nostra mente; siamo solo presenti. Questo significa riflettere sul modo in cui la cosa è.

Quando pensiamo, facciamo progetti, proviamo paura, facciamo previsioni, abbiamo speranze, ci aspettiamo qualcosa dal futuro, tutto questo avviene qui e ora, non è vero? Sono stati mentali che noi creiamo nel presente. Che cosa è il futuro? Che cosa è il passato? C’è soltanto l’ora, questo momento presente. Allora ci possiamo chiedere: “Che cosa è che conosce?” Noi vogliamo sempre determinare il soggetto. E’ questo il mio io reale? E’ questo il mio vero sé? Questa soggettività, questo porsi delle domande e volere trovare una identità, è anche una creazione nell’ora. Se ci affidiamo al silenzio, non c’è nessuno. Non troviamo nessuno nel suono del silenzio. Tutto il problema finisce.

Quanta concretezza ha un qualsiasi ricordo nel presente? Ha qualche essenza permanente? Il ricordo di una persona è realmente quella persona? Pensate a vostra madre, adesso. Anche se vostra madre è scomparsa tanti anni fa potete comunque pensare “madre” e le percezioni e i ricordi sorgono. Dov’è vostra madre ora, in questo momento mentre voi siete seduti qui e pensate a lei? E’ una percezione nella vostra mente. Sapere che i ricordi e le percezioni vengono create nel presente non è una critica o una negazione, si tratta semplicemente di porre i pensieri nel contesto in cui realmente sono.

Quanta sostanza
un ricordo ha
nel presente?

Spesso noi viviamo nel regno del tempo e dell’io e ci crediamo ciecamente, persi nelle nostre creazioni. Ma vedendo il Dhamma troviamo una via d’uscita da questa trappola mentale. La nostra società crede ciecamente in queste illusioni, quindi non ci possiamo aspettare molto aiuto da questa. Per esempio, a noi piace molto la storia, non è vero? “Voi sapete che il Buddha è realmente esistito. E’ un fatto storico”. E questo ce lo fa apparire reale, perché abbiamo fiducia nella storia. Ma la storia che cosa è? E’ ricordo. Se leggiamo differenti storie sullo stesso periodo di tempo, esse ci sembrano molto diverse. Io ho studiato storia coloniale britannica in India. Un resoconto scritto da uno storico britannico è molto diverso da quello scritto da uno storico indiano. Uno di loro mente? No. Probabilmente entrambi sono onorabili studiosi, ma ognuno di loro vede e ricorda le cose in modo diverso. Il ricordo è così.

E allora quando esaminiamo il nostro ricordo, osserviamo soltanto il fatto che i ricordi vanno e vengono; e quando se ne sono andati, ciò che rimane è la coscienza. La coscienza è ora. Questo è il sentiero, qui e ora, nel modo in cui è. Usate quello che sta avvenendo ora come sentiero, piuttosto che continuare con l’idea che voi siete qualcuno che viene dal passato e che ha bisogno di praticare per liberarsi da tutte le contaminazioni per raggiungere l’illuminazione in futuro. Questo è solo un io creato da voi e nel quale voi credete.

Noi soffriamo molto quando, ricordando il passato, ci sentiamo colpevoli. Ricordiamo cose che abbiamo detto o fatto, o che non avremmo dovuto fare, e stiamo molto male. O speriamo che tutto vada bene nel futuro e poi ci preoccupiamo del fatto che qualcosa possa andare storto. Ebbene le cose possono andare bene come possono andare male. O possono andare in parte bene e in parte male. Qualsiasi cosa può accadere nel futuro. Ecco perché ci preoccupiamo, non è vero? Ci piace andare dai chiromanti perché pensiamo che il futuro può essere tremendo per noi, se non lo conosciamo. Quale sarà il risultato della nostra decisione? Ho fatto la scelta giusta?

Dire “E’ così”
è solo un modo per ricordare
a se stessi
di vedere questo momento
così come è.

La sola cosa sicura del futuro - la morte del corpo - è qualcosa che cerchiamo di ignorare. Il solo pensare alla parola morte blocca la mente, non è vero? Per me è così. Non è particolarmente educato o politicamente corretto, parlare di morte in una conversazione casuale. Che cosa è la morte? Che cosa succederà quando muoio? Il non saperlo ci turba. Ma non lo sappiamo, non è vero? Noi non sappiamo cosa accadrà quando il corpo morirà. Abbiamo diverse teorie - come la reincarnazione o il premio in una rinascita migliore o la punizione in una nascita peggiore. Alcuni sostengono che una volta che si è ottenuta la nascita umana, si possa ancora rinascere come creatura inferiore. E poi c’è la scuola che dice no, una volta che si è rinati sotto forma umana non si può più rinascere come creatura inferiore. O la credenza nell’oblio - una volta che siamo morti, siamo morti. Punto e basta. Nient’altro. Finito. La verità è che nessuno lo sa veramente. Così spesso la ignoriamo o la reprimiamo.

Ma tutto questo succede nell’ora. Pensiamo al concetto della morte nel presente. Il modo in cui la parola morte influenza le nostre coscienze “è così”. Questo è sapere di non sapere nell’ora. E’ non cercare di provare alcuna teoria. E’ sapere: il respiro è così, il corpo così; lo stato d’animo, il nostro stato mentale è così. Questo significa sviluppare il sentiero. Dire “è così” è solo un modo di ricordare a se stessi di vedere questo momento così com’è, piuttosto che essere intrappolati nell’idea che dobbiamo fare qualcosa o trovare qualcosa o controllare qualcosa o liberarci di qualcosa.

Sviluppare il sentiero, coltivare bhavana, non è soltanto meditazione formale che possiamo fare solo in un determinato posto, in certe condizioni, con certi maestri. Questa è soltanto un’altra idea che ci stiamo creando nel presente. Osservate come praticate nella vostra vita quotidiana - a casa, in famiglia, al lavoro. La parola bhavana significa essere consapevoli della mente dovunque voi siate nel momento presente. Io posso darvi consigli per sviluppare la meditazione seduta - tanti minuti ogni mattina e tanti ogni sera - il che è certamente una cosa da tenere in considerazione. E’ utile acquisire una disciplina, prendersi un po’ di tempo nella vita di tutti i giorni per smettere con qualsiasi attività, qualsiasi impulso di obbligo morale, responsabilità e abitudine. Ma quello che ho trovato ad aiutarmi maggiormente è stato riflettere e fare attenzione sul qui ed ora.

Anche se andiamo
in luoghi meravigliosi
non sono poi così diversi.
E’ solo
una nostra montatura.

E’ così facile pianificare il futuro o ricordare il passato specialmente quando niente di veramente importante sta succedendo in questo momento: “In futuro ho intenzione di insegnare in un ritiro di meditazione” oppure “Il mio viaggio in Bhutan è stato una visita veramente particolare in un luogo veramente esotico dell’Himalaya.” Ma molto nella vita non è niente di speciale; è così come è. E anche andare in meravigliosi luoghi dell’Himalaya è così come è - alberi, cielo, consapevolezza; non c’è tutta questa differenza. E’ solo che noi ci costruiamo sopra. Sento anche che la gente soffre molto per le cose che ha fatto o che non avrebbe dovuto fare - errori, crimini, cose terribili dette nel passato. Le persone possono diventare ossessionate perché una volta che cominciano a ricordare i loro errori si crea tutto uno stato d’animo. Tutti i momenti colpevoli del passato possono tornare a galla e distruggere la nostra vita presente. Molte persone finiscono per rimanere bloccate in un vero insopportabile regno infernale che si sono create da sole.

Ma tutto questo succede nel presente, ed è per questo che il momento presente è la porta verso la liberazione. E’ l’ingresso al “Senza Morte”. Risvegliarsi a questo non vuol dire sopprimere, negare, rimuovere, difendere, giustificare, condannare; è quello che è, prestare attenzione al ricordo. “Questo è un ricordo.” è una affermazione corretta. Non è una rimozione del pensiero, ma non lo si sta più considerando con attaccamento personale. I ricordi, se visti chiaramente, non hanno essenza. Si dissolvono nell’aria sottile.

Provate a ricordare una vostra colpa e mantenete il ricordo deliberatamente. Pensate a qualche cosa di terribile che avete fatto in passato, e poi stabilite di tenerlo nella vostra coscienza per cinque minuti. Cercando di continuare a pensarci, scoprirete quanto è difficile da trattenere. Ma quando quello stesso ricordo sorge e voi gli opponete resistenza, ci sguazzate dentro o ci credete, allora può accompagnarvi per tutta la giornata. Tutta una vita può essere riempita di colpe e rimorsi.

Ogni volta che sei
consapevole di ciò
che stai pensando
stai diventando
un esperto.

Così soltanto nel risveglio, vedendo la cosa così com’è, c’è un rifugio. Ogni volta che siete consapevoli di quello che state pensando - non critici, anche se state pensando a qualcosa di veramente brutto o spiacevole - state diventando degli esperti. Questo è ciò in cui potete avere fiducia. Mentre sviluppate questo, acquisite più fiducia. La vostra consapevolezza diventerà una forza più grande delle vostre emozioni, delle vostre contaminazioni, delle paure e dei desideri. All’inizio ci può sembrare che emozioni e desideri siano più forti, che la semplice consapevolezza sia impossibile. Si possono avere soltanto pochi brevi momenti di consapevolezza e poi si torna di nuovo nella tempesta che imperversa. Può sembrare senza speranza, ma non lo è. Più la si mette alla prova, la si investiga, si dà fiducia a questa consapevolezza, più diventa stabile. Gli apparenti poteri invincibili delle qualità emotive, delle ossessioni e delle abitudini, perderanno quel senso di essere la forza più grande. Troverete che la vostra vera forza è nella consapevolezza, non nel controllo dell’oceano, delle onde, dei cicloni e degli tsunami e di tutto il resto che comunque è impossibile per voi controllare. E’ solo nell’avere fede in questo punto - qui ed ora - che si realizza la liberazione.

Dire “è così” significa solo ricordare a se stessi di vedere questo momento così com’è. Anche andare in posti meravigliosi non è poi così differente. E’ solo la costruzione che ci facciamo sopra, rimuovendo, difendendo, giustificando o condannando; è quello che è: un ricordo. “Questo è un ricordo.” è una affermazione onesta. Non è una rimozione del pensiero. E’ che non lo sta considerando con attaccamento. I ricordi, se visti chiaramente, non hanno essenza. Si dissolvono nell’aria sottile.



http://santacittarama.altervista.org/qui_e_ora.htm


sabato 22 maggio 2010

Gli uccelli




Gli uccelli - Franco Battiato


Volano gli uccelli volano
nello spazio tra le nuvole
con le regole assegnate
a questa parte di universo
al nostro sistema solare.

Aprono le ali
scendono in picchiata atterrano
meglio di aeroplani
cambiano le prospettive al mondo
voli imprevedibili ed ascese velocissime
traiettorie impercettibili
codici di geometrie esistenziali.

Migrano gli uccelli emigrano
con il cambio di stagione
giochi di aperture alari
che nascondono segreti
di questo sistema solare.

Aprono le ali
scendono in picchiata atterrano
meglio di aeroplani
cambiano le prospettive al mondo
voli imprevedibili ed ascese velocissime
traiettorie impercettibili
codici di geometrie esistenziali.

Volano gli uccelli volano
nello spazio tra le nuvole
con le regole assegnate
a questa parte di universo
al nostro sistema solare.


sabato 15 maggio 2010

La meditazione è la tua natura essenziale


Come parlare della meditazione? Che dire... di cosa si tratta? Cos’è la meditazione? È una tecnica che può essere praticata? È uno sforzo in cui ci si impegna? Qualcosa che la mente può realizzare? No, non è nulla di tutto questo.
Tutto ciò che la mente può fare non può essere meditazione: è qualcosa che va oltre la mente. In quella dimensione, è assolutamente impotente: non è in grado di penetrare la meditazione; là dove la mente finisce, la meditazione inizia.
È importante ricordarlo perché tutto ciò che facciamo, viene fatto attraverso la mente; qualsiasi cosa realizziamo, la realizziamo attraverso la mente. Quindi, quando ci rivolgiamo alla sfera interiore, di nuovo iniziamo a pensare in termini di tecniche, di metodi, di qualcosa da fare, semplicemente perché ogni nostra esperienza ci dimostra che qualsiasi cosa può essere fatta tramite la mente.
Certo, fatta eccezione per la meditazione, tutto può essere fatto dalla mente; tutto, tranne la meditazione, poiché non è una realizzazione: esiste già, è la tua natura. Non deve essere conseguita; deve soltanto essere riconosciuta, deve solo essere ricordata. È là, che ti aspetta: è sufficiente guardare dentro di sé, ed è disponibile. L’hai sempre portata in te.
La meditazione è la tua natura intrinseca: sei tu, il tuo essere, e non ha nulla a che vedere con ciò che fai. Non la puoi avere, né puoi non averla: non può essere posseduta. Non si tratta di un oggetto, sei tu, è il tuo essere.
Allorché si comprende cos’è la meditazione, ogni cosa diventa evidente. Altrimenti, puoi continuare a brancolare nel buio.
La meditazione è uno stato di chiarezza, non uno stato mentale. La mente è confusione, non è mai chiara, non lo può essere. I pensieri creano intorno a te delle nubi; sono nubi sottili che producono una nebbia in cui ogni chiarezza va perduta. Quando i pensieri scompaiono, quando intorno a te non esistono più nuvole, quando esiste nel tuo semplice essere essenziale, accada una chiarezza. In questo caso puoi vedere a distanze remote; puoi abbracciare l’intera esistenza; il tuo sguardo diventa penetrante e tocca l’essenza più intima dell’essere.
La meditazione è chiarezza, un’assoluta chiarezza di vedute: non puoi pensarci, devi lasciar cadere ogni pensiero. E quando dico: “Devi lasciar cadere ogni pensiero”, non aver fretta di concludere.
Io devo usare il linguaggio, ma se io dico: “Abbandona il pensiero”, e tu lo fai, mancherai il punto: di nuovo, ridurrai tutto a un fare.
‘Lasciar cadere il pensiero’ vuol semplicemente dire: non fare nulla. Siediti. Lascia che i pensieri sedimentino da soli; lascia che la mente decanti spontaneamente. Siedi semplicemente, fissando un muro, in un angolo tranquillo, senza fare assolutamente nulla.
Sii rilassato. Sciolto. Non fare alcuno sforzo. Non andare da nessuna parte. Come se ti dovessi addormentare, pur restando sveglio: sei sveglio e ti stai rilassando, ma tutto il corpo si sta addormentando. Dentro di te, resti attento, all’erta, mentre tutto il corpo entra in un profondo rilassamento.
I pensieri si acquietano da soli; non è necessario che balzi loro addosso, non occorre che tenti di fermarli. Immagina un torrente fangoso... cosa puoi fare per renderlo limpido? Entrarci e scuoterlo? Non faresti che peggiorare le cose.
No, dovresti semplicemente restare seduto sulla riva, in attesa. Non c’è nulla da fare: qualsiasi cosa tu faccia, non faresti che renderlo ancora più torbido. Siedi semplicemente sulla riva. Osserva, con indifferenza e, continuando a scorrere, il fiume porterà via le foglie morte, e il fango tornerà ad acquietarsi: dopo un po’ di rendi conto che il torrente è tornato a essere limpido.
Ogni volta che un desiderio attraversa la mente, il torrente diventa fangoso. Dunque, siediti semplicemente. Non cercare di fare nulla. In Giappone, questo “semplice stare seduti” è chiamato Zazen; ci si siede semplicemente, senza fare nulla. E, un giorno, la meditazione accade. Non è che sia tu a cercarla, viene a te. E quando viene, la riconosci immediatamente: è sempre presente, ma tu non guardavi nella giusta direzione. Il tesoro è sempre stato presente, dentro di te, ma tu eri impegnato altrove: nei pensieri, nei desideri, in mille cose. Non eri minimamente interessato a quell’unica cosa... e si trattava del tuo essere!
Quando l’energia si rivolge alla sfera interiore – è ciò che Buddha chiama parabvrutti: il ritornare della tua energia alla fonte – all’improvviso consegui la chiarezza.
Allora, ogni cosa si schiude davanti a te.


Osho – “Iniziazione alla meditazione. Il risveglio della consapevolezza”


mercoledì 12 maggio 2010

mercoledì 5 maggio 2010

Camminare come un Buddha


Nel Sutra del Loto il Buddha è descritto come la più amata e rispettata «fra le creature che camminano su due piedi»; gli volevano tanto bene perché sapeva godersi una bella passeggiata. Nel buddhismo, camminare è una forma importante di meditazione. In effetti può essere una pratica spirituale molto profonda. Quando camminava, il Buddha lo faceva senza sforzo, semplicemente godere di camminare; non aveva bisogno di sforzarsi perché quando si cammina in presenza mentale si è in contatto con tutte le meraviglie della vita che si hanno dentro di sé e intorno a sé. È questo il modo migliore di praticare: praticare senza far vedere che stiamo praticando. Non si fa nessuno sforzo, non si lotta, semplicemente si gode di camminare – ma è qualcosa di molto profondo. «La mia pratica,» diceva il Buddha «è la pratica della non-pratica, la realizzazione della non-realizzazione».

A molti di noi riesce difficilissimo immaginare una pratica priva di sforzo, nel piacere rilassato della consapevolezza. Succede perché non camminiamo con i piedi: certo, fisicamente sono i nostri piedi a camminare, ma la mente è altrove, dunque non stiamo camminando con l’intero corpo e con l’intera coscienza. Consideriamo mente e corpo due cose separate: il corpo sta camminando in una direzione, la coscienza ci trascina in una direzione diversa.

Per il Buddha la mente e il corpo sono due aspetti della stessa entità. Camminare è semplice come mettere un piede davanti all’altro, eppure spesso lo troviamo difficile o noioso; invece di camminare prendiamo la macchina per percorrere pochi isolati, “per risparmiare tempo”. Quando capiamo quanto corpo e mente siano interconnessi, la semplice azione di camminare come faceva il Buddha può essere estremamente facile e piacevole.

Puoi fare un passo ed entrare in contatto con la terra in modo da stabilirti nel momento presente: così arrivi nel “qui e ora”. Non occorre fare alcuno sforzo: i piedi toccano la terra in consapevolezza, portandoti subito nel qui e ora. Sei libero, all’improvviso – libero da tutti i progetti, da tutte le preoccupazione, da tutte le aspettative – sei pienamente presente, pienamente vivo, in contatto con la terra.

Quando pratichi da solo la lenta meditazione camminata puoi provare a fare così: inspira e fai un passo, concentrando tutta l’attenzione sulla pianta del piede; non fare il passo successivo finché non sei pienamente arrivato, finché non sei nel qui e ora al cento per cento, puoi concederti il lusso di fare così. Poi, quando sei certo di essere arrivato al cento per cento nel qui e ora, in contatto profondo con la realtà, sorridi e fai il passo successivo. Quando cammini in questo modo, imprimi sul terreno la tua stabilità, la tua solidità, la tua libertà, la tua gioia. Il piede che posi è come un sigillo, il sigillo dell’imperatore. Il sigillo imprime un segno su un foglio di carta. Che cosa vediamo, osservando la nostra impronta? Vediamo il marchio della libertà, il marchio della solidità, il marchio della felicità, il marchio della vita. Sono sicuro che sei capace di fare un passo di questo genere, perché in te c'è un buddha; è quella che si chiama “natura di buddha”, ossia la capacità di essere consapevoli di quello che sta accadendo. «Ciò che accade ora è che sono vivo e sto facendo un passo.» Una persona, un essere umano, un homo sapiens dovrebbe esserne in grado: in ognuno di noi c’è un buddha, dovremmo lasciare che sia lui a camminare.

Anche nella situazione puoi camminare come un Buddha. L’anno scorso, a marzo, durante il viaggio in Corea ci fu un momento in cui ci ritrovammo circondati e bloccati da centinaia di persone, ognuna con in mano una macchina fotografica, che ci chiudevano la strada. Non c’era spazio per camminare, tutti ci puntavano addosso l’obiettivo, una situazione difficilissima in cui fare una meditazione camminata! Allora dissi: «Caro Buddha, mi arrendo. Cammina tu per me!»; e subito arrivò il Buddha e si mise a camminare in totale libertà; la folla si aprì a fare spazio al Buddha che camminava senza alcuno sforzo.

Se vi trovate in una situazione difficile fate un passo di lato e lasciate che il Buddha prenda il vostro posto. Il Buddha è dentro di voi. Funziona in tutte le situazioni; l’ho sperimentato. È come al computer, quando ci si imbatte in un problema: sei lì che cerchi di uscirne senza riuscirci; arriva tuo fratello maggiore, che è molto bravo col computer, e dice: «Spostati un po’, ci penso io» e appena si siede va tutto a posto. È proprio così: quando ti trovi in difficoltà, ritirati e lascia che il Buddha prenda il tuo posto. È facilissimo e per me funziona sempre. Devi avere fede nel tuo buddha interiore e lasciare che sia lui a camminare, e lasciare anche che le persone che ti sono care camminino per te.

Per chi cammini, quando cammini? Certo, puoi camminare per arrivare da qualche parte; ma puoi anche camminare come una sorta di offerta meditativa. È una gran bella cosa camminare per i tuoi genitori o per i nonni che forse non conoscevano la pratica di camminare in presenza mentale. In vita loro, i tuoi antenati potrebbero non aver mai avuto l’occasione di fare passi felici, in pace, e di stabilirsi pienamente nel momento presente. È davvero un peccato; non è il caso di lasciare che accada anche a noi.

Puoi camminare con i piedi di tua madre; povera mamma, lei forse non ha avuto molte opportunità di camminare in questo modo. Puoi dire: «Mamma, ti va di venire a camminare con me?» e poi cammini con lei e ti si riempe il cuore d’amore. Ti liberi, e allo stesso tempo liberi anche lei. Perché tua madre è davvero dentro di te, in ogni cellula del tuo corpo. Anche tuo padre è presente in ogni cellula del tuo corpo; puoi dire: «Papà, ti va di venire con me?», ed ecco che all’improvviso ti ritroverai a camminare con i piedi di tuo padre. È una gioia, è una pratica che dà molto, e vi assicuro che non è difficile, che non occorre lottare o combattere: basta attivare la consapevolezza e tutto andrà bene.

Una volta imparato a camminare per le persone care, puoi camminare per le persone che ti hanno reso infelice la vita: puoi camminare per coloro che ti hanno attaccato, che hanno distrutto la tua casa, il tuo paese, la tua gente. Quelle persone non erano felici, non avevano abbastanza amore per se stesse né per gli altri, e hanno reso infelice la tua vita e quella della tua famiglia e della tua gente. Verrà il momento in cui sarai in grado di camminare anche per loro. Camminando in questo modo diventi un buddha, diventi un bodhisattva pieno d’amore, di comprensione e di compassione.


– Thich Nhat Hanh, “Camminando con il Buddha. Zen e felicità” –


sabato 1 maggio 2010

Alekos



Come andavano girando nel passato
i poeti
e come declamavano le loro verità
verità vestite di belle parole
dai racconti battezzate
così andavo girando anch'io
in luoghi sconosciuti
ma belli al pari dei nostri
e volevo credere che
non voltavo le spalle al mondo

Non viaggio io
parlo a me stesso
pei boschi i monti le valli
non viaggio io
sono le campagne che corrono
e il mio ricordo legato agli amici
che in qualche posto
stavano aspettando
di vedermi sbucare all'improvviso
ai giorni lontani in cui
con la sola forza dei sogni
costruivamo speranze
e il dolore
ci accompagnava ovunque sempre

Alberi montagne vallate viaggiano
ed io
legato a loro che soffrivano perché soffrivo
che piangevano perché piangevo
che invocavan sbarre perché ero dietro le sbarre
Solo

Sono trascorsi anni e io
senza dimenticare il dolore
ma senza diventare
ingiusto a rievocarlo
per le stesse strade vo camminando
strade che soltanto
chi ha sofferto conosce
e la mia cella anelo con nostalgia
se penso che in quei giorni davo qualcosa
che tutti capivano

E quando penso a quello che so
che accade ora
ora più di allora
senza che gli altri riescano a capirlo
neanche a intuirlo
dico:

la mia fine verrà nel modo in cui vogliono coloro che hanno il potere.


Alekos Panagulis


- 28 Aprile 1976 -


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