mercoledì 28 marzo 2012

Entrare nel sacro è entrare in se stessi





Siamo fatti della stessa sostanza del divino.
Entrare nel sacro è entrare in se stessi.
- Alejandro Jodorowsky -



venerdì 16 marzo 2012

C.G. Jung - Ricordi, sogni, riflessioni



La conoscenza dei processi del profondo ha ben presto plasmato la mia relazione col mondo. Fondamentalmente, fu già nella mia infanzia quella che è oggi. Da bambino sentivo di essere solo, e lo sono ancora oggi, perché conosco cose e debbo riferirmi a cose delle quali gli altri apparentemente non conoscono nulla, e per lo più nemmeno vogliono conoscere nulla.

La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma dalla incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti, o dal dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili. La solitudine cominciò con le esperienze dei miei primi sogni, e raggiunse il suo culmine al tempo in cui mi occupavo dell'inconscio. Quando un uomo sa più degli altri diventa solitario. Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell'amicizia, perché nessuno è più sensibile alle relazioni che il solitario, e l'amicizia fiorisce soltanto quando ogni individuo è memore della propria individualità e non si identifica con gli altri.

L'uomo deve sentire che vive in un mondo che, per certi aspetti, è misterioso; che in esso avvengono e si sperimentano cose che restano inesplicabili, e non solo quelle che accadono nell'ambito di ciò che ci si attende. L'inatteso e l'inaudito appartengono a questo mondo. Per me, fin dal principio, il mondo è stato infinito e inafferrabile.

Ho penato molto a tener dietro ai miei pensieri. C'era in me un demone, e alla fine la sua presenza si è dimostrata decisiva. Mi dominava, e se a volte sono stato spietato, ciò è dipeso dal fatto che ero nelle sue mani. Non ho mai potuto posarmi, una volta raggiunta una meta. Ero costretto a proseguire per raggiungere la mia visione. E i miei contemporanei, non potendo naturalmente percepire la mia visione, hanno solo visto uno che correva all'impazzata.

Ho offeso molta gente, perché non appena mi accorgevo che non mi capivano, per me era finita. Dovevo procedere per la mia strada. Non avevo pazienza con gli uomini, ad eccezione dei miei pazienti. Dovevo obbedire a una legge interna che mi si imponeva senza lasciarmi libertà di scelta. Naturalmente non le ho sempre obbedito. Chi potrebbe vivere senza essere mai incoerente?

Fui sempre presente e vicino per molti uomini, fino a che avevano qualche rapporto con il mio mondo interiore; poi poteva accadere che non fossi più vicino a loro, perché non vi era più nulla che ci legasse. Fui capace di interessarmi intensamente di molti uomini; ma non appena ero penetrato in loro, l'incantesimo finiva. In tal modo mi feci molti nemici. Ma un uomo dotato di spirito creativo ha poco potere sulla sua vita. Non è libero. E' incatenato e spinto dal suo demone.

E questa mancanza di libertà è stata per me un gran tormento. Spesso mi è sembrato d'essere su un campo di battaglia.

Forse potrei dire: ho bisogno degli uomini molto più degli altri, e al tempo stesso molto meno. Quando il demone è all'opera, si è sempre troppo vicini e troppo lontani. Solo quando tace si può tenere il giusto mezzo.

Sono comunque soddisfatto del corso preso dalla mia vita. E' stata ricca, e mi ha dato molto. Come avrei potuto attendermi tanto? Non mi sono accadute che cose inaspettate. Molto avrebbe potuto essere diverso se io stesso fossi stato diverso. Ma tutto è stato come doveva essere; perché tutto è avvenuto in quanto io sono come sono. Molte cose si sono realizzate secondo i miei progetti, ma non sempre a mio vantaggio: ma quasi tutto si è svolto naturalmente e per opera del destino. Devo pentirmi di molte stupidaggini provocate dalla mia ostinazione; ma se non fossi stato ostinato non avrei raggiunto la mia meta.

E così sono deluso e non lo sono. Sono deluso degli uomini e di me stesso. Dei primi ho appreso tante cose sorprendenti, e di me ho fatto più di quel che mi aspettassi. Non posso pronunciare un giudizio definitivo perché il fenomeno della vita e il fenomeno dell'uomo sono troppo grandi. Quanto più sono divenuto vecchio, tanto meno ho capito o saputo di me stesso.

Sono stupito, deluso, compiaciuto di me; sono afflitto, depresso, entusiasta. Sono tutte queste cose insieme, e non so tirare le somme. Sono incapace di stabilire un valore o un non-valore definitivo; non ho un giudizio da dare su me stesso e la mia vita. Non vi è nulla di cui mi senta veramente sicuro. Non ho convinzioni definitive, proprio di nulla. So solo che sono venuto al mondo e che esisto, e mi sembra di esservi stato trasportato. Esisto sul fondamento di qualche cosa che non conosco. Ma, nonostante tutte le incertezze, sento una solidità alla base dell'esistenza e una continuità nel mio modo di essere.

Il mondo nel quale siamo nati è brutale e crudele, e al tempo stesso di una divina bellezza.



- da "Ricordi, sogni, riflessioni" di Carl Gustav Jung -


sabato 3 marzo 2012

Il respiro è il ponte che connette la vita alla coscienza


La presenza mentale è al tempo stesso un mezzo e un fine, il seme e il frutto. Quando la pratichiamo per sviluppare la concentrazione, la presenza mentale è un seme. Ma la presenza mentale è di per sé la vita della consapevolezza: se c’è presenza mentale c’è vita, e quindi in questo senso è anche il frutto.

La presenza mentale ci libera dalla distrazione e dalla dispersione e ci consente di vivere pienamente ogni istante. La presenza mentale ci consente di vivere.

È importante saper respirare in modo da mantenere la presenza mentale, dal momento che il respiro è uno strumento naturale ed estremamente efficace per prevenire la dispersione. Il respiro è il ponte che connette la vita alla coscienza, che unisce il corpo ai pensieri. Ogni volta che la mente si perde, il respiro è il mezzo che vi consente di riportarla indietro.

Inspirate delicatamente e a lungo, coscienti del fatto che state facendo una profonda inspirazione. Ora fate uscire tutta l’aria dai polmoni, restando coscienti dell’espirazione in tutta la sua estensione.

Nei monasteri buddhisti, si insegna a servirsi del respiro per arrestare la dispersione mentale e sviluppare il potere della concentrazione. Il potere della concentrazione è la forza che scaturisce dalla pratica della presenza mentale. Con l’aiuto della concentrazione si può raggiungere il Grande Risveglio. Quando un praticante resta sul respiro, ha già raggiunto il risveglio. Per conservare a lungo la presenza mentale dobbiamo osservare ininterrottamente il nostro respiro.


– da “Il miracolo della presenza mentale” di Thich Nhat Hanh


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