mercoledì 19 dicembre 2012

I diversi tipi di influenze - Gurdjieff



New York, 24 febbraio 1924


L’uomo è soggetto a numerose influenze, che si possono suddividere in due categorie: quelle dovute a cause fisiche e chimiche, e quelle di origine associativa, dovute al nostro condizionamento.
Le influenze fisico-chimiche sono di natura materiale, e provengono dalla combinazione di due sostanze che, fondendosi, producono qualcosa di nuovo. Queste influenze si formano indipendentemente da noi. Esse agiscono dall’esterno.
Per esempio, le emanazioni di una persona possono combinarsi con le mie: la miscela dà origine a qualcosa di nuovo. Questo vale per le emanazioni esteriori; ma la stessa cosa succede all’interno dell’uomo.
Forse avrete notato che, quando una persona vi sta seduta accanto, potete sentirvi a vostro agio, oppure a disagio. Quando non c’è accordo, ci sentiamo a disagio.
Ogni uomo ha diverse specie di emanazioni, ciascuna con le proprie leggi e suscettibile di molte combinazioni.
Le emanazioni di un centro formano varie combinazioni con le emanazioni di un altro centro. Queste sono combinazioni chimiche. Le emanazioni variano persino in conseguenza del fatto che io abbia bevuto il tè oppure il caffè.
Le influenze associative sono completamente diverse. Se qualcuno mi urta, oppure piange, l’effetto su di me è meccanico. Questi fatti mi richiamano dei ricordi, e questi ricordi o associazioni richiamano altre associazioni, e così via. A causa di questo shock, i miei sentimenti, i miei pensieri cambiano. Tale processo non è chimico, ma meccanico.
Questi due tipi di influenze provengono da realtà che ci sono vicine. Ma ci sono anche altre influenze, che vengono da fonti vaste come la Terra, i pianeti, il Sole, dove operano leggi di un altro ordine. Tuttavia, se siamo totalmente soggetti all’influenza delle piccole cose, parecchie influenze di queste grandi entità non ci possono raggiungere.

Parliamo innanzitutto delle influenze fisico-chimiche. Ho già detto che l’uomo ha parecchi centri. Ho parlato della vettura, del cavallo e del cocchiere, e anche delle stanghe, delle redini e dell’etere. Ogni cosa ha le proprie emanazioni e la propria atmosfera. Ogni atmosfera ha una natura particolare, perché ogni atmosfera ha un’origine diversa, delle proprietà diverse e un contenuto diverso. Esse si assomigliano, ma le vibrazioni delle loro materie sono diverse.
La vettura, il nostro corpo, ha un’atmosfera con delle proprietà speciali.
Anche i miei sentimenti producono un’atmosfera, le cui emanazioni possono propagarsi a grande distanza.
Quando penso in modo associativo, ne risultano delle emanazioni di un terzo tipo.
Quando il posto vuoto nella vettura è occupato da un passeggero, le emanazioni sono ancora diverse, e si differenziano dalle emanazioni del cocchiere. Il passeggero non è uno zoticone: egli pensa alla filosofia, e non al whisky.
Così, ogni uomo può avere quattro tipi di emanazioni, ma non necessariamente deve averle tutte. Può avere più emanazioni di un tipo e meno di un altro tipo. Sotto questo aspetto, gli uomini sono diversi, e uno stesso uomo può essere diverso secondo i momenti. Io ho bevuto un caffè e lui no: l’atmosfera è differente. Io fumo e la signora sospira.
C’è sempre interazione, talvolta nociva e talvolta benefica per me. A ogni istante sono questo o quello, e intorno a me le cose stanno così o cosà. E cambiano anche le influenze dentro di me. Io non posso cambiare nulla. Sono uno schiavo. Queste influenze le definisco fisico-chimiche.

Le influenze associative sono del tutto differenti. Prendiamo innanzitutto le influenze associative esercitate su di me dalla “forma”. La forma mi influenza. Sono abituato a vedere una forma particolare: quando è assente, ho paura. La forma dà lo shock iniziale alle mie associazioni. Anche la bellezza è “forma”. In realtà, noi non siamo in grado di vedere la forma così com’è, ma ne vediamo soltanto un’immagine.
La seconda di queste influenze associative è rappresentata dai miei sentimenti, dalle mie simpatie e antipatie. I vostri sentimenti mi toccano e i miei reagiscono di conseguenza. Qualche volta è tutto il contrario, dipende dalle combinazioni. O siete voi a influenzare me, o sono io a influenzare voi. Questa influenza può essere chiamata “relazione”.
La terza di queste influenze associative si può chiamare “persuasione” o “suggestione”. Per esempio, un uomo che persuade un altro con delle parole. Qualcuno persuade voi, voi persuadete qualcun altro. Tutti persuadono e tutti suggestionano.
La quarta di queste influenze associative consiste nella superiorità di un uomo su un altro uomo. In questo caso, è possibile che non ci siano influenze della forma o del sentimento. Voi prendete atto che una certa persona è più intelligente, più ricca, capace di parlare di determinate cose; insomma, ha qualcosa di speciale, una specie di autorità. Questo vi tocca perché va al di là dei vostri limiti, e succede anche senza che inten1engano i sentimenti.
Quindi ci sono otto tipi di influenze. La metà sono fisico-chimiche, l’altra metà associative.
Inoltre esistono delle altre influenze che ci toccano molto profondamente. Ogni momento della nostra vita, ogni sentimento, ogni pensiero riceve una colorazione dalle influenze planetarie. E ancora una volta siamo degli schiavi.
Mi soffermerò molto brevemente su questo aspetto, e poi riprenderò il tema principale. Non dimenticate le cose di cui abbiamo parlato. La maggior parte della gente non ha continuità nei pensieri, e continuamente perde di vista il soggetto.

La Terra e tutti gli altri pianeti sono in perpetuo movimento, ciascuno a velocità differente. Talvolta si avvicinano e talvolta si allontanano. Per questo motivo, le loro interazioni si rafforzano, si indeboliscono oppure cessano del tutto. Per il momento ci basti sapere che le influenze planetarie sulla Terra si alternano: ora agisce un pianeta, ora un altro, ora un terzo, e così via. Un giorno studieremo separatamente l’influenza di ogni pianeta, ma oggi, per darvene un’idea generale, li consideriamo nella loro totalità.
Schematicamente, possiamo descrivere queste influenze nel modo seguente. Immaginiamo una grande ruota sospesa sopra la Terra, con sette o nove proiettori a luce colorata fissati sul bordo. La ruota gira, e a turno la luce dei vari proiettori illumina la Terra, la quale, di conseguenza, è sempre colorata dalla luce del proiettore che la illumina nel momento considerato.
Tutti gli esseri nati sulla Terra sono colorati dalla luce che prevale al momento della loro nascita, e mantengono questa colorazione per tutta la vita. Come non c’è effetto senza causa, così non c’è causa senza effetto. E, senza alcun dubbio, i pianeti hanno un’influenza enorme, tanto sulla vita dell’umanità in generale, quanto sulla vita di ogni individuo in particolare. È un grave errore della scienza moderna non riconoscere questa influenza. Ma questa influenza non è così grande come gli “astrologi” moderni vorrebbero farci credere.
L’uomo è un prodotto dell’interazione di tre tipi di materia: una positiva (l’atmosfera della Terra); la seconda, negativa (i minerali, i metalli); infine, una terza combinazione (le influenze planetarie), che viene dall’esterno e incontra le prime due materie. Questa forza neutralizzante è quell’influenza planetaria che colora ogni nuova vita che nasce. La colorazione rimane per l’intera esistenza. Se il colore era rosso, quando questa “vita” incontrerà il rosso, si sentirà in corrispondenza con esso.
Certe combinazioni di colori hanno un effetto calmante; altre, un effetto perturbatore; ogni colore ha una particolare proprietà. È una legge, una questione di differenze chimiche. Ci sono, per così dire, delle combinazioni “simpatiche” e delle combinazioni “antipatiche”. Per esempio, il rosso stimola la collera, il blu risveglia l’amore. La combattività corrisponde al giallo. Quindi, se sono portato a collere improvvise, è un fatto dovuto all’influenza dei pianeti.
Ciò non significa che voi o io esistiamo effettivamente in questo modo, ma è una possibilità. Possono intervenire delle influenze più forti. Talvolta dall’interno agisce un’altra influenza, che vi impedisce di avvertire l’influenza esterna; in questi casi potete essere così presi da voi stessi da trovarvi per così dire, chiusi in una corazza. E questo fatto non vale soltanto per le influenze planetarie; spesso succede che altre influenze, provenienti ancor più da lontano, non riescano a raggiungervi. Più l’influenza è distante, più è debole: anche se è inviata apposta per voi, non può toccarvi, perché la vostra corazza glielo impedisce.
Più un uomo è sviluppato, più è soggetto alle influenze. Talvolta, nel tentativo di liberarci dalle influenze, per evitarne una finiamo per subirne molte altre, e così diventiamo ancora meno liberi, ancora più schiavi.

Abbiamo parlato di nove influenze.
A ogni istante, tutto ci influenza. Ogni pensiero, ogni sentimento, ogni movimento è il risultato di qualche influenza. Tutto ciò che facciamo, tutte le nostre manifestazioni sono quel che sono perché qualcosa ci influenza dall’esterno. Qualche volta questa schiavitù ci umilia, altre volte no: dipende dalle cose che ci piacciono. Noi subiamo anche parecchie influenze in comune con gli animali. Di tutte queste influenze, possiamo cercare di eliminarne una o due ma, via quelle, ne arrivano altre dieci. Tuttavia esiste un margine di scelta, ossia possiamo conservarne alcune, e liberarci di altre. È possibile liberarsi da due tipi di influenze.
Per liberarsi dalle influenze fisico-chimiche, bisogna essere passivi. Ripeto, si tratta di influenze dovute alle emanazioni dell’atmosfera del corpo, dei sentimenti, della mente e, in alcune persone, anche dell’etere. Per poter resistere a queste influenze, bisogna essere passivi. Allora si può diventare un po’ più liberi. In questo caso interviene la legge di attrazione: i simili si attraggono, ovvero, ogni cosa va dove ci sono più cose della sua stessa natura. Chi ha molto, riceve ancora di più. Chi ha poco, anche quel poco gli viene tolto.
Quando sono calmo, le mie emanazioni sono pesanti e non si disperdono; se arrivano altre emanazioni, posso assorbirle finché c’è posto. Ma se sono agitato, non ho abbastanza emanazioni perché, essendo leggere, esse si disperdono verso gli altri.
Quando mi arrivano delle emanazioni, esse occupano gli spazi vuoti, perché sono necessarie là dove c’è del vuoto.
Le emanazioni si fermano dove regna la calma, dove c’è assenza di conflitti, dove c’è dello spazio vuoto. Se non c’è posto, se tutto è già pieno, le emanazioni possono anche arrivare, ma rimbalzano indietro o passano oltre. Quando sono calmo, se ho dello spazio vuoto, posso riceverle; se sono pieno, esse non mi disturbano. Così sono tranquillo in entrambi i casi.

Per liberarsi dalle influenze del secondo tipo, cioè le influenze associative, ci vuole una lotta artificiale. In questo caso vale la legge di repulsione. Questa legge consiste nel fatto che dove c’è poco viene aggiunto molto, ossia è il contrario della prima legge. Con le influenze del secondo tipo, tutto si svolge
in conformità alla legge di repulsione.
Quindi, per liberarsi da tutte queste influenze, ci sono due princìpi diversi per i due tipi di influenze. Se volete essere liberi, dovete sapere quale principio applicare per ogni singolo caso. Se ricorrete alla “repulsione” quando ci vuole l’“attrazione”, siete perduti. Molta gente fa il contrario di ciò che è giusto. Eppure è facile fare la distinzione tra questi due tipi di influenze: si può fare sul momento.
Per quanto riguarda le altre influenze, è necessaria una grande conoscenza. Ma questi due tipi di influenze sono semplici: chiunque, prendendosi il disturbo di osservare, può riconoscere di quale influenza si tratta. Certe persone, pur sapendo che esistono queste emanazioni, non riescono a vederne le differenze. Eppure, osservandole attentamente, è facile distinguerle. È molto interessante dedicarsi a questo studio; ogni giorno si ottengono dei risultati interessanti e si acquisisce il gusto per la discriminazione. Ma è una cosa difficile da spiegare teoricamente.
È impossibile ottenere dei risultati immediati, liberandosi istantaneamente da queste influenze; ma studiarle e riconoscerle è accessibile a tutti.
Il cambiamento è una meta lontana, ed esige molto tempo e molto lavoro. Ma lo studio non prende molto tempo. E, se vi preparate bene, il momento del cambiamento sarà meno difficile, e non avrete più da perdere tempo in discriminazioni.
Lo studio del secondo tipo di influenze, le influenze associative, è più facile in pratica. Prendiamo ad esempio l’influenza che si esercita attraverso la forma. O voi influenzate me, o io influenzo voi. Ma la forma è esteriore, come i movimenti, i vestiti, la pulizia o il suo contrario, insomma tutto ciò che chiamiamo generalmente la “maschera”. Se lo capite, potete facilmente cambiarla. Supponiamo che un uomo vi gradisca vestita di nero: grazie a ciò potete influenzarlo. Ma volete cambiarvi d’abito per lui solo o per molta altra gente? Alcune lo fanno solo per lui, altre no. Talvolta un compromesso si rivela necessario.
Non prendete niente alla lettera. Dico queste cose solo a titolo d’esempio.
Per quanto concerne la seconda categoria di influenze associative, quelle che abbiamo chiamato “sentimento” e “relazione”, dovremmo sapere che l’atteggiamento degli altri nei nostri confronti dipende da noi. Se volete vivere in maniera intelligente, dovete comprendere innanzitutto che la responsabilità di quasi tutti i sentimenti che ispirate, buoni o cattivi, dipende da voi, dal vostro atteggiamento esteriore e interiore. L’atteggiamento degli altri molto spesso riflette il vostro. Voi cominciate e l’altro vi segue. Voi la amate, ella vi ama. Voi siete irritati, ella è irritata. È una legge: ricevete ciò che date.
Ma in altri casi è diverso. Qualche volta bisognerebbe amare questo e non quello. In certi casi, se voi l’amate, ella non vi amerà; ma quando smettete di amarla, ella comincerà ad amarvi. Ciò è dovuto a leggi fisico-chimiche.
Ogni cosa è il risultato di tre forze: dappertutto, c’è affermazione e negazione, catodo e anodo. L’uomo, la Terra, tutto ciò che esiste è come una calamita. La differenza sta solo nella quantità di emanazioni. Ovunque, due forze sono all’opera: una attira, l’altra respinge. Come ho appena detto, anche l’uomo è una calamita. La mano destra spinge, la mano sinistra tira, o viceversa. Certe cose hanno molte emanazioni, altre meno; ma ogni cosa attira o respinge. C’è sempre un tira e molla, o un molla e tira. Quando il vostro tira-e-molla è in armonia con quello di un altro, allora c’è amore e una giusta intesa. Ecco perché i risultati possono essere molto diversi. Secondo che vi sia o non vi sia corrispondenza quando io spingo e l’altro tira, il risultato sarà molto diverso. Talvolta entrambi molliamo nello stesso momento. Se ci si trova d’accordo, l’influenza che ne risulta è calmante. Altrimenti, è l ’inverso.
Ogni cosa dipende da un’altra. Per esempio, io non riesco a essere calmo: io spingo e lui tira. Oppure non posso essere calmo se non riesco a modificare la situazione. Ma possiamo cercare di adattarci. C’è una legge secondo la quale dopo ogni spinta c’è una pausa. Se siamo in grado di prolungarla e di non precipitarci sulla spinta successiva, noi possiamo utilizzare questa pausa. Se sappiamo restare calmi, possiamo trarre beneficio dalle vibrazioni che seguono la spinta.
Tutti possono fermarsi, perché c’è una legge secondo la quale ogni cosa si muove finché dura il suo impulso, dopodiché si ferma. Sia lui sia io possiamo fermare il movimento.
Tutto avviene in questo modo. Uno shock al cervello, e le vibrazioni si mettono in moto. Le vibrazioni si prolungano per inerzia come gli anelli sulla superficie di uno stagno in cui sia caduta una pietra. Se l’impatto è forte, passa molto tempo prima che il movimento si calmi. La stessa cosa succede alle vibrazioni del cervello. Se non do continuamente degli shock, esse si fermano, si calmano. Bisogna imparare a fermarle.
Se agisco coscientemente, l’interazione avviene coscientemente. Se agisco inconsciamente, ogni cosa è il risultato di ciò che emetto.
Io affermo una cosa; subito l’altro mi contraddice. Io dico che è nero; l’altro sa che è nero, ma ha voglia di discutere e comincia a dire che è bianco. Se deliberatamente gli do ragione, egli cambia bandiera e si mette ad affermare ciò che negava un attimo prima. Egli non può trovarsi d’accordo, perché ogni shock gli provoca la reazione opposta. Se si stanca, può darsi che finisca per darmi ragione esteriormente, ma non interiormente. Per esempio, io guardo una persona, mi piace il suo viso. Questo nuovo shock, più potente della conversazione, mi fa acconsentire esteriormente. Talvolta siete già convinti, ma continuate a discutere.
È molto interessante osservare le conversazioni altrui, a condizione di restarsene al di fuori. È molto più interessante del cinema. Talvolta due persone parlano della stessa cosa, una fa un’affermazione, l’altra non capisce ma si mette a discutere... anche se è dello stesso parere.
È tutto meccanico.
Per quanto riguarda le relazioni, la cosa può essere formulata così: le relazioni esteriori dipendono da noi. Se prendiamo le misure necessarie, abbiamo la possibilità di cambiarle.

Il terzo tipo di influenza, la suggestione, è molto potente. Tutti subiscono l’influenza della suggestione; ognuno suggestiona l’altro. Parecchie suggestioni agiscono su di noi con estrema facilità, soprattutto se ignoriamo di esservi esposti. Ma anche quando ne siamo consapevoli, la suggestione fa ugualmente il suo effetto.
Dovete capire una legge molto importante. In linea generale, in ogni momento della nostra vita, lavora un solo centro: la mente o il sentimento. Il nostro sentimento si comporta in un certo modo solo quando nessun altro centro l’osserva, quando il potere di critica è assente. Un centro in quanto tale non ha coscienza né memoria; è un pezzo di carne senza sale di tipo particolare, un organo, una certa combinazione di sostanze che ha semplicemente la particolare capacità di registrare.
Infatti, un centro è perfettamente paragonabile alla banda sensibile di un nastro da registrazione. Se gli comunico qualcosa, in seguito esso può riprodurla. È completamente meccanico, organicamente meccanico. I centri sono leggermente diversi per quanto riguarda la loro sostanza, ma le loro proprietà sono identiche.
Se dico a un centro che voi siete belli, ci crede. Se gli dico che questo è rosso, ci crede. Però non capisce: la sua comprensione è completamente soggettiva. In seguito, se gli faccio una domanda, risponde ripetendo ciò che gli ho detto. Non cambierà mai, né in cento né in mille anni. Resterà sempre lo stesso. La nostra mente in se stessa non ha capacità critica, non ha coscienza, niente. E tutti gli altri centri sono uguali.
Allora in che cosa consiste la nostra coscienza, la memoria, la capacità critica? È molto semplice: è ciò che entra in azione quando un centro ne osserva un altro, quando esso vede e sente ciò che succede nell’altro e, nel vederlo, registra tutto dentro di sé.
Esso riceve delle nuove impressioni; in seguito, se vogliamo sapere ciò che è successo in precedenza nel secondo centro, saremo in grado di saperlo cercando nel primo. La stessa cosa vale per la nostra capacità critica: un centro ne osserva un altro. Con un centro, sappiamo che questa cosa è rossa, ma un altro centro la vede blu. Ogni centro cerca sempre di convincere l’altro. Ecco cos’è la capacità critica.
Se due centri restano a lungo in disaccordo a proposito di una certa cosa, il disaccordo ci impedisce di pensarvi ulteriormente.
Se non interviene l’osservazione di un secondo centro, il primo continua a pensare allo stesso modo. Molto raramente noi osserviamo un centro a partire da un altro centro: ci succede solo per qualche attimo, forse un minuto al giorno. Quando dormiamo, non osserviamo mai un centro con un altro, e quando siamo svegli lo facciamo solo sporadicamente.
Nella maggioranza dei casi, ogni centro vive la propria vita, crede a tutto ciò che sente, senza discernimento, e registra ogni cosa così come l’ha sentita. Se ascolta qualcosa che non è una novità, si limita a registrare. Se sente qualcosa di discordante, per esempio una cosa che prima era rossa adesso è blu, allora fa resistenza, non perché vuole sapere la verità, ma semplicemente perché sul momento non ci crede. Ma poi crede, crede a tutto. Se qualcosa cambia, gli occorre solo un po’ di tempo per risistemare le sue percezioni. Se in quel momento nessun altro centro lo sta osservando, esso mette il blu sul rosso. Così blu e rosso restano sovrapposti. In seguito, quando consultiamo la registrazione, esso comincerà col rispondere “rosso”. Ma è altrettanto probabile che risponda “blu”.
È possibile assicurarci una percezione critica di ogni nuova impressione, se facciamo in modo che, durante la percezione, un altro centro si trovi presente e percepisca quelle informazioni da un’altra angolazione. Supponiamo che io in questo momento stia dicendo delle cose nuove. Se mi ascoltate con un solo centro, in ciò che dico per voi non ci sarà niente di nuovo. Dovete ascoltare in maniera diversa. Altrimenti, come non c’era niente prima, non ci sarà niente nemmeno dopo. Tutto ha lo stesso valore: il blu è rosso, il rosso è blu, e ancora una volta non c’è conoscenza. Il blu può anche diventare giallo.
Se volete sentire delle cose nuove in modo nuovo, dovete ascoltare in modo nuovo. È necessario usare questo sistema non solo nel lavoro, ma anche nella vita. Potete diventare un po’ più liberi, un po’ più sicuri nella vita, se cominciate a interessarvi a tutte le cose nuove, ricordandovele con un nuovo metodo: un metodo non più completamente automatico, ma semiautomatico, e facile da capire. Ecco in che cosa consiste: quando il pensiero è già presente, cercate di sentire con l’emozione; quando sentite con l’emozione, cercate di dirigere i pensieri sul sentimento. Finora, pensieri e sentimenti sono rimasti separati.
Cominciate a osservare la vostra mente: sentite emotivamente ciò che pensate. Preparatevi per il domani e salvaguardatevi dalle delusioni. Non comprenderete mai ciò che voglio trasmettervi, se vi limitate ad ascoltare nel solito modo.
Provate a considerare tutto ciò che sapete, tutto ciò che avete letto, tutto ciò che avete visto, tutto ciò che vi è stato mostrato: sono certo che non ci capite nulla. Se vi chiedete sinceramente: «Capisco perché due più due fanno quattro?» scoprirete che non ne siete affatto sicuri. L’avete sentito dire da qualcuno, e ripetete ciò che avete sentito. E non capite nulla non solo dei problemi della vita quotidiana, ma anche delle questioni di ordine superiore. Nulla di ciò che avete vi appartiene.
In voi c’è un bidone della spazzatura, e finora vi avete gettato tutto dentro alla rinfusa. Esso è pieno di cose preziose che potreste utilizzare. Ci sono degli specialisti che raccolgono ogni sorta di rifiuti dalla spazzatura; in questo modo alcuni si arricchiscono. Nel vostro bidone della spazzatura avete materiale a sufficienza per poter comprendere ogni cosa. Se riuscirete a comprendere, saprete tutto. Ma non c’è comprensione: il posto della comprensione è vuoto.
Immaginate di avere una grossa somma di denaro che non vi appartiene: per voi sarebbe molto meglio averne meno, anche solo cento dollari, purché fossero vostri. Purtroppo, nulla di ciò che avete vi appartiene.
Una grande idea si può accogliere solo con una grande comprensione. Ma noi siamo in grado di comprendere solo delle piccole idee, e nemmeno quelle.
È molto meglio avere una piccola cosa dentro di noi, che una grande all’esterno.
Prendetevi tutto il tempo necessario. Potete partire da qualunque cosa, e pensarci su; ma pensate in maniera diversa da come avete fatto finora.


– da “Vedute sul mondo reale” di G.I. Gurdjieff


domenica 25 novembre 2012

Seduti in silenzio senza avere alcun motivo per farlo


di Jiddu Krishnamurti

Se ve ne state seduti in silenzio senza avere alcun motivo per farlo, oppure se ve ne andate a camminare tranquillamente, da soli o in compagnia, guardando gli alberi, gli uccelli, il fiume, le foglie illuminate dal sole, vi troverete ad osservare anche voi stessi. Non starete lottando, non farete sforzi tremendi per ottenere qualcosa. Quelli che si sono abituati a praticare qualche sistema di meditazione, trovano poi molto difficile metterlo da parte, perché la loro mente ne è stata troppo condizionata; sono andati avanti per tanti anni con le loro pratiche e ormai ci sono attaccati.

[...] La mente non è mai in silenzio, insegue sempre un pensiero dietro l'altro, una sensazione dietro l'altra. Per cercare di porre fine a questo chiacchierare ininterrotto, imparate a concentrarvi; vorreste imporre il silenzio alla mente; ma così il conflitto ricomincia. È questo che fate: chiacchiere su chiacchiere, un continuo parlare a proposito di niente. Ma se volete osservare qualcosa, un albero, un fiore o il profilo delle montagne, dovete guardare standovene in silenzio.

A voi però non interessano le montagne, la bellezza delle colline e delle valli, o lo scorrere dell'acqua; voi volete arrivare da qualche parte, volete ottenere qualcosa di spirituale.

Non è possibile starsene quieti in modo naturale. Guardare una persona, ascoltare una canzone, o stare a sentire con calma quello che qualcuno sta dicendo, senza opporre la minima resistenza, senza mettersi a dire: «Devo cambiare, devo fare questo, devo fare quello». Starsene semplicemente quieti, capite? Evidentemente questa è la cosa più difficile. E così vi mettete a seguire dei sistemi per arrivare alla quiete. Ma non vedete l'inganno che si nasconde in questo modo di fare? Praticate un metodo, usate un sistema qualsiasi, stabilite una routine quotidiana che regolarmente si ripete, perché pensate di riuscire alla fine a calmare la mente. Ma la mente non sarà mai quieta; perché si è ridotta a uno strumento meccanico; imprigionata in uno schema che continua a ripetersi, è diventata insensibile, si è intorpidita. Ma voi non vi accorgete di tutto questo. Volete qualcosa, un'iniziazione! Oh, è così purile!

Se voi ascoltate con calma, senza preoccuparvi di dire a chi vi parla che ha ragione o torto, senza dire a voi stessi: «Ormai mi sono impegnato, ho promesso di non smettere; io sono questo o quell'altro»; se ascoltate quello che viene detto senza opporre resistenza, allora comincerete a scoprire voi stessi. E la vostra mente, in questo movimento di scoperta, diverrà quieta.

Così noi, che siamo persone come tutte le altre, con tutti i nostri tormenti e le nostre difficoltà, possiamo metterci quieti ad ascoltare il rumore dei nostri pensieri? Possiamo starcene a sedere o in piedi, o andare a fare una tranquilla passeggiata, senza bisogno che qualcuno ci suggerisca di farlo, senza aspettarci una ricompensa, senza desiderare di avere chissà quali straordinarie esperienze ultrasensoriali? Solo quando si comincia dal livello più semplice e razionale si può andare molto lontano.


- da "Domande e risposte" -


http://www.lameditazionecomevia.it/alcunmotivo.htm


lunedì 12 novembre 2012

La via occulta - Dion Fortune


La “Via Mistica” che conduce all’unione con il divino è talmente nota che spesso ignoriamo l’altro Sentiero, del tutto diverso pur avendo in comune lo stesso obiettivo. Siamo così abituati a sentire parlare di rinuncia al mondo e abnegazione del Sé, quale unico percorso dell’anima protesa verso l’Altissimo, che osiamo a malapena sussurrare che un Sentiero alternativo esiste davvero: la Via del dominio sulla vita manifesta e dell’apoteosi del Sé.

Dio può essere venerato in due maniere: nella Sua Essenza non manifesta oppure nella Sua forma manifesta. Entrambe sono legittime, purché quando ne riveriamo la forma manifesta non dimentichiamo la Sua Essenza, oppure quando ci rivolgiamo all’Essenza non la confondiamo con la Sua forma manifesta, perché entrambe diventano peccato di idolatria, ossia di enfasi collocata erroneamente.

Il mistico cerca di adorare l’Essenza di Dio, ma essendo questa non manifesta, sfugge alla coscienza umana. Per riuscire a concepire l’oggetto della sua venerazione egli deve allora arrivare a trascendere il normale stato di coscienza umano. Non è possibile conoscere la natura più intima di uno stato di esistenza, se non si riesce a penetrarla e a condividerne in qualche modo l’esperienza. Il mistico si prefigge dunque il compito di liberare la sua coscienza dai vincoli della forma attraverso una disciplina ascetica. Uccide la sua natura inferiore per liberare quella superiore, al fine di unirsi a Dio e arrivare a conoscerlo.

La Via del Mistico è un percorso di rinuncia fino a che egli riesce a squarciare tutte le limitazioni della sua natura inferiore e a penetrare nella libertà; a questo punto nessun freno riesce più a trattenerlo lontano da Dio e la sua anima vola in alto per entrare nella Luce e non fare più ritorno.

L’altro Sentiero non è una via di rinuncia bensì di autorealizzazione. Non ci si allontana dal percorso del destino umano, quanto piuttosto ci si concentra su tale destino fino a sublimarlo. Ogni anima che intraprende il Sentiero vive, attraverso la propria esperienza, tutte le fasi e gli aspetti dell’esistenza manifesta, equilibrandola, spiritualizzandola e assorbendone l’essenza.

Lo scopo di coloro che seguono questo Sentiero è di ottenere il completo dominio su ogni aspetto della vita creata. Quando però parliamo di dominio, non intendiamo quello esercitato da uno schiavista sulle sue vittime bensì quello di un virtuoso sul suo strumento: la padronanza con cui vi entra in sintonia e ne trae le piene capacità interpretative.

L’Adepto che ha ottenuto il dominio sulla Sfera di Luna è in grado di interpretare il messaggio della Luna e di dimostrarne equilibratamente i poteri al mondo. Il regno governato dal Maestro del Tempio non è una monarchia assoluta. Egli non ottiene tale padronanza per avere Troni, Dominazioni e Potenze al suo servizio, ma per far pervenire a tutti il messaggio divino di salvezza e per condurli alla loro eredità più sublime. Egli è un servitore dell’evoluzione, il cui compito è fare uscire l’ordine dal caos, l’armonia dalla discordia e di riportare le forme sbilanciate verso l’equilibrio.

Gli insegnanti dello Yedanta della Tradizione Orientale distinguono nettamente tra la devozione al Dio non manifesto, l’essenza spirituale del creato, e i suoi aspetti manifesti o dèi. “Identificate il Sé con gli aspetti parziali (Yogini) e sarete in grado di ottenere i poteri (Siddhi). Identificate il Sé con la Maha-yogini stessa e l’uomo sarà liberato, poiché non sarà più uomo ma la divinità... Le scelte di identificazione dell’uomo dipendono unicamente da ciò che desidera, ma qualsiasi cosa esse siano, egli otterrà il Potere solo se lo vorrà intensamente e se lavorerà a tal fine.”

Cosa dovrebbe desiderare un uomo? La risposta a questa domanda dipende interamente dallo stadio evolutivo che ha raggiunto. L’anima deve aver completato la propria esperienza umana prima di essere pronta a unirsi con il divino: deve passare il nadir della discesa nella materia prima di poter intraprendere il Sentiero del ritorno.

Non possiamo essere pronti per la Via Mistica fino a che non siamo vicini alla liberazione della Ruota di nascita e morte. Il tentativo di sfuggire prematuramente a tale Ruota ci squalificherebbe come una barca a vela in corsa che salta l’ultima boa. Non avremmo rispettato le condizioni per la liberazione che impongono di non saltare alcun passaggio e lasciare dietro di noi solo quanto abbiamo dominato, equilibrato, superato.

È falso l’insegnamento che ci impone di sradicare dalla nostra natura quanto Dio vi ha seminato: l’amore per la bellezza, lo stimolo vitale dell’istinto pulito, normale e sano, la gioia della contesa; saremmo ben misere creature senza tutto ciò. Dio ci ha fatto questi doni e possiamo ben presumere che sapesse quanto stava facendo. Chi siamo noi per giudicare il Suo operato e condannare quanto ha ritenuto fosse giusto?

La legge di Dio ci proibisce solo di abusare di queste cose e di utilizzarle per scopi diversi da quello originario. Il Sentiero del Focolare offre una disciplina degli istinti ben più solida ed efficace di quanto possano fare le caverne degli eremiti di Tebe con le loro torture ascetiche e le auto-mutilazioni, che violano la Natura e oltraggiano l’operato divino.

L’asceta, spaventato dalle forze elementari che lo colgono impuro e impreparato, rifugge dalla tentazione. È cosa saggia equilibrare le forze contrastanti della nostra natura fino a che non siano in grado di gestire i nostri istinti scalpitanti, facendo loro trainare il carro dell’anima con il potere della loro instancabile velocità.

Arriverà il giorno per ciascuno di noi quando saremo liberi dalla Ruota di nascita e morte ed entreremo nella Luce per non far più ritorno. Se riteniamo di aver superato gli Elementi e i relativi problemi prima di quel giorno, significa solo che abbiamo invertito la rotta prima di aver girato intorno all’ultima boa. Diventiamo simili all’uomo che ha sepolto il suo talento perché ne aveva paura. Il Signore non ci ringrazierà per una devozione male indirizzata e ci riterrà suoi ben miseri servitori.

La chiave di questa, come di tante altre questioni, è la dottrina della reincarnazione. Se riteniamo davvero che tutte le conquiste umane debbano essere raggiunte in un’unica vita al termine della quale saremo giudicati, diventa facile scivolare in un idealismo forzato che non è frutto di un autentico processo di maturazione. La libertà dalla Ruota, l’abbandono della materia, l’unione con il divino saranno tutti raggiunti durante le varie fasi della nostra evoluzione, perché è lo scopo dell’evoluzione stessa di farceli conseguire.

Quel momento è però ancora lontano per la maggior parte di noi e saremmo ben sciocchi se lasciassimo a qualche altro individuo il compito di giudicare a che punto siamo sulla scala evolutiva e quale deve essere il nostro prossimo passo.

Dobbiamo avere il coraggio di sostenere le nostre opinioni e di seguire gli impulsi più profondi. Se sentiamo la spinta a venerare Dio nelle Sue manifestazioni gloriose, facciamolo con tutto il cuore perché quella sarà la via della nostra autorealizzazione. Ciò non significa che dovremmo sciogliere le briglie dei nostri istinti: la danza della Natura è un movimento ordinato e ritmico e se ci stacchiamo dal nostro posto nello schema della vita ne interrompiamo il flusso armonico. Dobbiamo lavorare con la Natura per i Suoi fini se in Lei riconosciamo la Madre e ciò richiederà abbastanza disciplina per qualsiasi tipo di anima.

Se invece ci sentiamo spinti verso una via mistica, chiediamoci in tutta onestà se stiamo seguendo questo Sentiero perché il richiamo divino è molto forte nei nostri cuori, oppure perché la nostra vita è talmente difficile che desideriamo fuggire per sempre dai suoi problemi.


– da “Magia applicata” di Dion Fortune



mercoledì 31 ottobre 2012

A lungo durerà il mio viaggio


A lungo durerà il mio viaggio
e lunga è la via da percorrere.
Uscii sul mio carro ai primi albori
del giorno, e proseguii il mio viaggio
attraverso i deserti del mondo
lasciai la mia traccia
su molte stelle e pianeti.
Sono le vie più remote
che portano più vicino a te stesso;
è con lo studio più arduo che si ottiene
la semplicità d'una melodia.
Il viandante deve bussare
a molte porte straniere
per arrivare alla sua,
e bisogna viaggiare
per tutti i mondi esteriori
per giungere infine al sacrario
più segreto all'interno del cuore.
I miei occhi vagarono lontano
prima che li chiudessi dicendo: «Eccoti!»
Il grido e la domanda: «Dove?»
si sciolgono nelle lacrime
di mille fiumi e inondano il mondo
con la certezza: «lo sono!»

- Rabindranath Tagore -



sabato 20 ottobre 2012

L'Amore come vittoria sulla morte


di Massimo Scaligero

La certezza del cuore è il segreto: l’accogliere nel cuore il Divino che è il Cuore del Mondo. Un meraviglioso sentiero conduce verso il superamento della tenebra umana. È urgente questo superamento, perché l’aurora sia visibile ai cuori umani e si plachi l’ansia delle anime e si rianimi la volontà dei giusti! L’ora è decisiva: deve fiorire la reale vita dello Spirito perché l’esistere continui. Tutta un’offerta al Logos, perché il Suo dono giunga nel giusto momento.

Ritrovare cosí il circuito fulgureo, nella calma immobilità, nell’assoluto silenzio, nell’ekagrata assolutamente incorporeo. Ritrovare il movimento della perennità, perché viva la poesia dell’essere sulla Terra al servizio del Logos.

Riaccendere la corrente di splendore che reca altrui la certezza della speranza, la certezza del sogno, l’alta serenità dopo l’immenso dolore.

L’alito sidereo della visione di mezzanotte compensa della serie infinita di asperità e ricongiunge con la piú alta delle Forze. Come nella cripta delle Piramidi l’Osiride risorto veniva rappresentato come il “Sole di Mezzanotte”, cosí la vita che fluisce dalla visione notturna è la “Luce che splende nelle tenebre”: che vince le tenebre. Una possente Luce trasformatrice è attesa dalle anime dei convocati sulla Terra: la fede e la speranza aprono il varco, ma l’azione decisiva è della volontà: della volontà consacrata.

Occorre infinita generosità, infinita compassione, infinita pazienza, infinito compatimento delle debolezze umane: mitezza infinita, che è forza infinita, necessaria a non distruggere stupidamente, mediante inutile ira o irritazione, il dono del Logos. Su tutto deve raggiare con autonomia pura la luce del pensiero non coinvolto dalla psiche: in questa luce ritrovare la piú profonda Luce del Logos, che riedifica l’umano.

La tenebra infine sarà trasformata in Luce: la Luce del mondo, il Cuore del Mondo, ormai è la sorgente della Forza nel cuore umano. La via alla Pentecoste è aperta, non v’è piú impedimento. Colui che vuole può divenire “figliuolo di Dio”, come è annunciato nei primi versetti di Giovanni.

Sorge allora l’Amore come vittoria sull’avversione e sulla Morte. Questa vittoria deve diventare seconda natura dell’uomo. Dobbiamo realizzarla innumerevoli volte, perché divenga natura, perché il dono christico divenga nostra realtà.

Una serie di eventi pesanti caratterizzano il periodo attuale: nuove prove, nuovo sacrificio, nuova richiesta di superamenti. Nella richiesta del sacrificio qualcosa insiste con potere trascendente: occorre intuire questo linguaggio. V’è un segreto per rispondere integralmente a tale istanza: irraggiare il massimo Amore verso gli esseri, la massima pazienza, la massima comprensione, la massima compassione, l’infinita tenerezza. È la medicina vera, perché attinge al Cuore del Mondo e giunge al cuore di ogni essere. L’occhio di Luce si apre perché lo sguardo superi il limite terrestre e penetri folgorante l’essenza degli enti: per giungere al cuore delle cose, al cuore degli esseri. Il programma da svolgere per queste ore, queste urgenze, è attingere di continuo l’Amore là dove scaturisce da un Assoluto perenne.


(da una lettera dell’aprile 1977 a un discepolo)

http://www.larchetipo.com/2012/gen12/accordo.pdf


sabato 13 ottobre 2012

La fiducia per saltare nell'ignoto

I Tarocchi Zen di Osho
29. Fiducia


Non sprecare la tua vita per qualcosa che ti verrà comunque portato via. Fidati della vita. Solo se hai fiducia puoi lasciar cadere le tue conoscenze, solo in quel caso puoi mettere in disparte la mente. E, grazie alla fiducia, qualcosa di immenso si schiude. Allora questa vita non è più una vita comune, diviene colma di Dio, straripante.

Quando il cuore è innocente e le mura sono scomparse, ti trovi unito all'infinito. E non puoi venir ingannato: nulla ti può essere portato via. Ciò che ti può essere sottratto, non merita di essere conservato; e perché mai dovresti temere che ti venga portato via ciò che non ti può essere sottratto? Non è possibile che ti venga sottratto; non puoi perdere il tuo vero tesoro.

Osho The Sun Rises in the Evening Chapter 9


Commento:

È tempo di essere un saltatore bungee, senza corda! È questa qualità di assoluta fiducia, libera da qualsiasi riserva o da reti segrete di sicurezza, che il Cavaliere d'Acqua ci richiede.

Se riusciamo a fare questo balzo e a entrare nell'ignoto, anche se l'idea ci terrorizza a morte, veniamo colti da un senso di allegria travolgente. Allorché possiamo portare la nostra fiducia al punto di compiere un balzo quantico, non facciamo alcun piano elaborato, né grossi preparativi. Non diciamo: "Adesso confido di sapere cosa fare, per cui sistemo le mie cose, faccio la valigia e mi preparo a partire". No, saltiamo semplicemente, a stento pensando a ciò che accadrà poi. Ciò che conta è il balzo, e l'eccitazione che genera allorché scendiamo in caduta libera nel cielo vuoto.

Tuttavia, la carta dà anche un segnale di ciò che ci attende dall'altra parte: un dolce benvenuto in un ricco letto di petali di rosa... Andiamo!


sabato 29 settembre 2012

Verrà la luce del mattino e fugherà i fantasmi della notte



di Francesco Lamendola

Vi sono dei momenti nei quali la notte dell’anima sembra non dover finire mai; in cui si potrebbe quasi credere che nessun nuovo giorno verrà a rischiarare il nostro mondo interiore e a disperdere i neri fantasmi dell’angoscia, dello smarrimento, della paura.

Chi non ha mai conosciuto simili momenti di estrema, tormentosa incertezza, di acuta e penosa solitudine spirituale? Chi non si è mai sentito abbandonato da tutti, anche dalla parte migliore di se stesso; chi non ha mai dubitato sino alle radici della propria anima?

Solo ai bambini è concesso di non fare tale esperienza, e neppure sempre; ma alle persone adulte no, e in realtà è un bene che sia così: perché solo passando attraverso il fuoco dell’ansia, della confusione, del turbamento più intimo, ci è dato intravedere la fragile sostanza di cui siamo fatti e la sostanza eterna, adamantina, luminosa, che splende dentro e intorno a noi quando più cupo è l’orizzonte e che felicemente ci può accogliere, se noi vi consentiamo.

Tutto il resto è orgoglio e inconsapevolezza.

Non è veramente adulto se non chi è passato attraverso quel fuoco, attraverso quel dubbio, attraverso quell’agonia, e ne è uscito ai caldi raggi del nuovo giorno, scoprendo che la notte non dura per sempre e che essa non è destinata ad avere l’ultima parola.

Questa prova si impone a molti, ma serve a fortificare solo i migliori: quelli che hanno il coraggio di essere se stessi, di rifiutare le soluzioni consolatorie e le fedi prefabbricate, di percorrere sino in fondo - con fedeltà, costi quello che costi - la propria strada.

Non si nasce uomini o donne: si nasce bambini; e molti rimangono tali per tutta la vita, perché non hanno mai osato staccare i loro passi dal sentiero già battuto e affrontare il terreno ignoto, con tutte le sue bellezze, ma anche i suoi pericoli.

Bambini mai cresciuti sono quegli uomini e quelle donne che non hanno mai osato pensare con la loro testa, cercare con il loro cuore, rischiare sulla propria pelle; che si esprimono per frasi fatte, e per ogni circostanza della vita hanno la loro bussola già bella e pronta: il loro giornale, il loro partito, la loro setta, la loro parrocchia. Prima ancora che aprano bocca, si sa già quel che diranno, perché le loro parole non nascono da loro stessi, ma sono giaculatorie e litanie di bassa lega, che hanno imparato a memoria.

Bambini mai cresciuti sono anche quelle donne che sanno solo farsi desiderare, ma non hanno nulla da offrire se non la loro vuota vanità; e bambini mai cresciuti sono quegli uomini che, invece di aiutarle a crescere con la virile pedagogia di disprezzare i loro giochetti tortuosi e ignorare le loro ambizioni sbagliate, le lusingano e le corteggiano proprio in ciò che esse hanno di meno bello, di meno pulito, di meno limpido.

Bambini mai cresciuti sono i potenti che abusano del loro potere, i forti che abusano della loro forza, i ricchi che abusano del loro denaro; ma anche, e qui viene la denuncia di ogni demagogia, coloro che si riparano dietro la propria debolezza, che si fanno forti della loro miseria, che si barricano dietro la loro sofferenza e ne fanno un motivo di ricatto morale.

Bambini mai cresciuti, e nel senso peggiore del termine (perché vi è anche un senso positivo, che è quello di conservare in se stessi lo stupore e l’incanto del mondo) sono tutti quegli esseri umani che hanno sempre bisogno di confortarsi e rassicurarsi con le teorie di qualcun altro, con le esperienze di qualcun altro, con le dottrine di qualcun altro; ma che, quanto a loro, non hanno mai osato nemmeno soffiarsi il naso con le proprie mani.

E nondimeno - lo si vede spesso - proprio costoro osano impancarsi a giudici degli altri, dall’alto delle loro verità acquistate all’ingrosso, delle loro cattedre fasulle, dei loro sermoni acquistati a peso in qualche liquidazione intellettuale, politica o religiosa, ove hanno ottenuto la merce per loro più confacente a prezzi di saldo.

Tutti costoro, forse, non hanno mai provato l’angoscia della notte; o, se pure l’hanno provata, ne sono usciti, o meglio hanno creduto di uscirne, imboccando la via più comoda e facile, quella dei prontuari prefabbricati, che promettono meravigliosi risultati psicologici con pochissima fatica e che garantiscono a tutti equilibrio interiore e fiducia in se stessi.

Del resto, per fare l’esperienza della notte dell’anima, bisogna possedere l’esperienza di che cosa sia la luce del giorno; ma come può aver visto la luce il dormiente, che tiene entrambi gli occhi ben chiusi davanti alla realtà, perché non ha mai visto nulla coi suoi occhi, ma crede di farlo, e intanto afferma di vedere quel che altri gli suggeriscono?

Perciò, caro amico e cara amica che state soffrendo nella notte della vostra anima, non lasciatevi sopraffare dallo sconforto: verrà il mattino, verrà con il benefico canto del gallo; e, intanto, sappiate che la vostra sofferenza non è inutile, che essa è anzi un privilegio, perché colpisce solo le anime profonde, mentre si allontana dalle anime volgari. Non che le tema: semplicemente, di esse non saprebbe che fare, come lo scultore che non saprebbe come adoperare una pietra troppo scadente per potervi modellare una immagine qualsiasi.

Da quando la cattiva genia degli antichi sofisti ha cominciato a diffondere la sua esiziale dottrina, che il sapere è alla portata di chi lo paga in moneta sonante e che non v’è alcuna verità certa, ma che ogni opinione può essere spacciata per la verità, il mondo è stato infettato dal duplice morbo della venalità intellettuale e del relativismo estremo, lo è stato per secoli e lo è tuttora (le arti del trivio e del quadrivio, con in cima la retorica, provengono da quella mala razza di intellettuali-prostituiti), e - per dirla con Dante - «un Marcel diventa ogni villan che parteggiando viene».

Gli uomini e le donne autentici, che cercano onestamente la verità e che ben sanno come essa sia forse l’unica cosa che non si può acquistare col denaro, devono quindi tenersi pronti a lottare su due fronti: contro l’invidia, la malevolenza, la bigotteria dei piccoli uomini e delle piccole donne attaccati alle loro formule dozzinali e contro la notte dell’anima, che scende quando quest’ultima è più stanca e prostrata dalla solitudine e dall’incomprensione altrui.

La prima battaglia, che durerà tutta la vita, è una battaglia meschina, che non reca all’anima alcun beneficio e, anzi, rischia di lasciarle in retaggio un frutto velenoso: il cinismo, ovvero il disprezzo per l’umanità; e tuttavia essi la devono combattere, perché viene loro imposta dall’esterno, contro la loro volontà, e perché la vita è fatta anche di sopravvivenza quotidiana e non solo di slanci sublimi verso le altezze dell’ideale.

Ma è una battaglia che non si potrà mai vincere se si accetta di combatterla sul terreno dei piccoli botoli ringhiosi, se si accetta di combatterla con le loro armi e se si giudica la vittoria o la sconfitta secondo il loro metro; la si può vincere, al contrario, solo rifiutando quel terreno e quelle armi e disprezzando quella maniera di giudicarne l’esito. Che se la combattano da soli, su quel terreno ingannevole e con quelle armi truccate, i botoli ringhiosi: la persona saggia si guarderà bene dal lasciarsi invischiare più dello stretto necessario e si lascerà alle spalle, di volta in volta, le mosche e le zanzare dalla puntura molesta, ma in fondo trascurabile.

Molto più importante è l’altra battaglia, quella che si combatte a tu per tu con se stessi, con la propria parte meno coraggiosa, meno limpida, meno salda; la battaglia che dobbiamo affrontare, presto o tardi, per mettere alla prova la nostra fedeltà verso di noi, per misurare le nostre forze, per renderci conto della strada già fatta e di quella che ci resta da percorrere.

Anche questa battaglia dura per tutta la vita, ma procede per crisi successive, ciascuna delle quali, se superata, introduce a un cammino di difficoltà superiore, anche se allietato, nel medesimo tempo, da un livello immensamente più elevato di elementi positivi. È come se si dovesse affrontare una successione di porte chiuse e sbarrate: ogni volta che si riesce ad aprirne una e a proseguire, crescono sia la gioia interiore, la forza e la consapevolezza, sia le asperità del terreno e il pericolo di scivolare: però, nel complesso, più si procede e più aumentano la luce, la bellezza, l’armonia.

Soprattutto, cresce la facoltà dei sensi interiori: si vedono cose che prima non si vedevano, si odono suoni e voci che prima erano impercettibili, si comprendono e si apprezzano verità che prima apparivano oscure ed enigmatiche.

Per questo la notte, quando scende, appare sempre più oscura: non perché il paesaggio si sia realmente incupito, ma perché i sensi interni hanno sviluppato delle potenzialità prima inimmaginabili; e per questo, anche, quando ritorna la luce del mattino, la gioia diviene tanto più grande, tanto più luminosa e perfetta.

Quanto più si è sofferto, tanto più si impara a godere della pace; quanto più si è stati soli, tanto più si impara a godere dell’amicizia; quanto più ci si è sentiti abbandonati in un mondo senza significato, tanto più si comprende l’intima e armoniosa connessione che lega tutte le cose, dalle più alte alle più basse, dalle più grandi alle più piccole, dalle più vicine alle più lontane.

Si capisce anche che il passato e il futuro sono la stessa cosa, sono la stessa realtà considerata da due punti di osservazione differenti; anzi, per parlare più esattamente, che non esistono in se stessi, perché l’unica cosa che esiste veramente è il presente, l’eterno presente dell’Essere. Si capisce, di conseguenza, che «i nostri poveri morti», come noi melodrammaticamente li chiamiamo, non ci hanno affatto lasciati, che non sono andati chissà dove.

Molte cose si capiscono solo dopo aver attraversato la notte dell’anima; cose che non si trovano scritte sui libri e delle quali le persone superficiali riderebbero; non importa se si tratta di persone che possiedono una certa erudizione, anzi quelle sono proprio le meno adatte a comprendere, perché chiuse e corazzate nel loro orgoglio intellettuale.

È più facile che capiscano qualcosa, o che, almeno, non assumano un atteggiamento di sprezzante incredulità, le persone semplici e ignoranti, che possiedano però un alto sentire: e quest’ultima dote non discende dal numero delle letture che si sono fatte, né dalla quantità di titoli di studio che si possono esibire come trofei di caccia.

Infine, la verità più preziosa di tutte, che non viene compresa da quanti sono accecati dalla propria presunzione, è che, nella notte dell’anima, non si è veramente soli come si crede di essere: quando le vene e i polsi tremano per lo sbigottimento, quando sembra di essere sul ciglio del precipizio, c’è Qualcosa o Qualcuno che veglia accanto a noi.

Questo è il segreto che i superficiali e i presuntuosi ignorano e che non arriveranno mai a comprendere né ad ammettere, anche se hanno la testa imbottita di sapere libresco e anche se credono di poter capire tutto, giudicare tutto, spiegare tutto; perché è un segreto silenzioso, impalpabile, che sopraggiunge in punta di piedi e che si fa riconoscere solo da colui o da colei che ne siano veramente degni.

Una presenza benefica, luminosa, ineffabile, scende accanto all’anima quando più densa è l’oscurità della notte, quando l’ultima stella si è eclissata dietro le nubi e quando l’ultima goccia di coraggio sembra averci abbandonati. Una presenza cui non si saprebbe dare un nome, perché non corrisponde a nulla di cui, nella vita ordinaria, si possa fare esperienza: una presenza totale, che riempie ogni angolo e che scorre entro ogni piega dell’anima.

Chiamatela illuminazione, se volete: ma è soltanto una parola; e qualunque altra parola si possa adoperare, sarà sempre soltanto una parola convenzionale e inadeguata.

Ecco perché tutto l’insegnamento dei maestri venali, degli eterni sofisti non è che illusione e ciarlataneria: perché è fatto di parole; ma il progresso dell’anima non si misura a parole, si realizza per mezzo di successivi stati dell’essere e nessuna scienza materialista potrà mai individuarlo, osservarlo, quantificarlo.

Lo vedranno gli altri, lo vedrà l’anima rischiarata in se stessa: ma sarà un’esperienza concreta, non qualcosa che si possa definire per mezzo di formule. Certe esperienze non si possono esprimere a parole, perché non esiste alcun linguaggio capace di tradurle.

Ma, si domanderà, come fare a distinguere l’esperienza vera da quella illusoria?

Non c’è una risposta teorica. Chi ha provato la terribile sete nel deserto, cerca la sorgente e, trovatala, vi si abbevera avidamente: ma il gusto di quell’acqua non potrà essere spiegato a chi non abbia mai conosciuto la sete; può solo essere sperimentato.



http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=43541


lunedì 17 settembre 2012

La meditazione sufi del cuore


di Llewellyn Vaughan-Lee


Tutte le scuole di meditazione offrono una via per calmare la mente, perché le esperienze spirituali accadono al di là del livello della mente. La mente è nota come “l’assassina del reale”; i suoi pensieri ci isolano in un mondo di illusioni.

Essa ci mantiene identificati con l’ego, e il suo continuo chiacchierio ci allontana dai livelli più profondi del nostro essere. Osservando i nostri pensieri, possiamo vedere quanto spesso la mente pensa noi, e non il contrario. Siamo prigionieri della nostra mente e del nostro ego, ma la meditazione può aiutare a liberarci.

Diverse tradizioni spirituali usano diverse tecniche per calmare la mente. Il sufismo è un sentiero dell’amore. L’amore è la forza più grande della creazione, in grado di portarci al di là della mente e dell’io: attraverso le profonde preghiere e meditazioni del sufismo, l’amante entra alla presenza dell’Amato.

In questi stati possiamo conoscere intimamente l’amore divino: carezze delicate, parole sussurrate nel nostro cuore. Potremo provare la meraviglia di sentirci amati, o assaporare la pace della nostra anima. Ma per il mistico il viaggio va ancora più in profondità, nel vuoto infinito al di là della mente: “Il silenzio oscuro in cui ogni amante perde se stesso”.

Per il sufi, il cammino mistico va dalla forma all’assenza di forma, dalla presenza dell’io a quella dell’Amato cercato dal nostro cuore. In questo cammino, l’amore ci riconduce all’amore. Dio, il nostro Amato, viene nel nostro cuore e ci chiama, seducendoci con la dolcezza del tocco e la fragranza intossicante dell’unione. Il compito dell’amante è arrendersi al mistero dell’amore, lasciare che il cuore venga aperto.

E anche se la maggior parte di questo lavoro accade segretamente dentro di noi, al centro profondo del nostro essere, esistono antiche tecniche per aprirci al trascendente, alla meraviglia che risiede nel nostro cuore.

La meditazione sufi del cuore è una tecnica per sollevare il velo della separazione e risvegliarci a ciò che è reale. È un modo semplice ma efficace di usare l’energia del cuore per calmare la mente e andare oltre l’ego. È preferibile praticarla per almeno mezz’ora ogni mattina.

In questa meditazione immaginiamo tre cose.

1) Pensiamo di scendere sempre più in profondità dentro di noi, nel nostro sé più nascosto. Là – nel nostro essere intimo, al centro di noi stessi – troveremo un luogo in cui vi è pace, tranquillità e, soprattutto, amore.

2) Dopo aver trovato questo luogo, dobbiamo immaginare di restarvi, immersi e circondati dall’Amore di Dio. Siamo nella pace più profonda, amati, protetti e al sicuro. Siamo qui con tutti noi stessi, il corpo fisico e il resto; nulla è all’esterno, nemmeno la punta di un dito o il capello più sottile. Il nostro intero essere è contenuto nell’Amore di Dio.

3) Mentre ci troviamo in tale luogo, felici e sereni alla presenza di Dio, i pensieri si affacceranno nella nostra testa: quello che abbiamo fatto il giorno prima, quello che faremo domani. Affiorano ricordi, passano immagini davanti all’occhio della mente. Dobbiamo immaginare di prendere ogni pensiero, immagine e sentimento, e affondarlo, immergerlo nel sentimento dell’amore.

Ogni sentimento, specialmente quello dell’amore, è molto più dinamico del processo del pensiero. Quindi, facendo bene questa pratica, con la massima concentrazione, tutti i pensieri scompariranno. Non resterà nulla e la mente sarà vuota.

Quando avremo acquistato familiarità con questa meditazione, non useremo più l’immaginazione. Ci basterà riempire il cuore con il sentimento dell’amore, e poi annegare ogni pensiero nel cuore. Svuotando la mente, creeremo uno spazio interiore in cui possiamo diventare consapevoli della presenza del nostro Amato. Dio è sempre con noi, ma la nostra mente, le emozioni e il mondo esteriore sono veli che ci separano. Dio è un vuoto silenzioso, e per farne esperienza dobbiamo diventare silenziosi. In meditazione torniamo a darci a Dio, al nostro Amato, passando dal mondo delle forme alla Verità senza forma all’interno del cuore.



http://www.innernet.it/la-meditazione-sufi-del-cuore/


mercoledì 12 settembre 2012

Haiku




Haiku - Franco Battiato


Seduto sotto un albero a meditare
mi vedevo immobile danzare con il tempo
come un filo d'erba
che si inchina alla brezza di maggio
o alle sue intemperie.

Alla rugiada che si posa sui fiori
quando s'annuncia l'autunno
assomiglio
io che devo svanire
e vorrei
sospendermi nel nulla
ridurmi
e diventare nulla.


Dar daryâye zolmat khorshid ke nâpadid shod
dar pâyâne safar o zamân nuri shegeft âvar
negâhrâ por khâhad kard va afaqhâ barâye har kojâ
va andar khâmushi jazireye bâghhû khâdad derakhshid


Traduzione:
L'uomo dell'isola dei giardini

Nel Mar delle Tenebre
quando il sole svanirà
alla fine del viaggio e del tempo,
una luce mirabile occuperà
lo sguardo e gli orizzonti per ogni dove
e nel silenzio brillerà
l'Isola dei Giardini.


martedì 28 agosto 2012

Dissolvere l'inconsapevolezza con la presenza nell'Adesso



LA PERDITA DELL’ADESSO: L’ILLUSIONE FONDAMENTALE

Anche se io accetto totalmente che in definitiva il tempo sia un’illusione, quale differenza può fare nella mia vita? Devo comunque vivere in un mondo che è completamente dominato dal tempo.

Essere d’accordo sul piano intellettivo è una credenza come tante e non farà grande differenza nella vita. Per realizzare questa verità bisogna viverla. Quando ogni cellula del corpo è presente al punto di sentirsi vibrante di vita, e quando voi potete percepire questa vita in ogni momento come gioia dell’Essere, allora potete dire di essere liberi dal tempo.


Ma devo ugualmente pagare le bollette domani, e devo ugualmente invecchiare e morire come chiunque altro. Allora come posso mai dire di essere libero dal tempo?

Le bollette di domani non sono un problema. Il dissolvimento del corpo fisico non è un problema. La perdita dell’Adesso è il problema, o meglio: è l’illusione fondamentale che trasforma una semplice emozione o un evento in un problema personale e in sofferenza. La perdita dell’Adesso è la perdita dell’Essere.

Essere liberi dal tempo significa essere liberi dal bisogno psicologico del passato per ricavarne la propria identità e del futuro per ricavarne il proprio appagamento. Rappresenta la trasformazione di consapevolezza più profonda che si possa immaginare. In certi rari casi questo mutamento di consapevolezza avviene in modo spettacolare e radicale, una volta per sempre. Quando è così, di solito si verifica un abbandono totale nel mezzo di un’intensa sofferenza. Quasi tutti voi, però, dovete sforzarvi per raggiungerlo.

Quando avete colto i primi bagliori dello stato di consapevolezza senza tempo, cominciate a spostarvi avanti e indietro fra le dimensioni del tempo e della presenza. Da principio diventate consapevoli di quanto raramente la vostra attenzione è davvero nell’Adesso. Ma sapere di non essere presenti è un grande successo: quel sapere è presenza, anche se inizialmente dura appena per un paio di secondi di tempo orario prima di andare nuovamente perduto. Poi, con frequenza crescente, voi scegliete di concentrare la vostra consapevolezza sul momento presente anziché sul passato o sul futuro, e quando vi rendete conto che avevate perduto l’Adesso siete in grado di rimanervi non soltanto per un paio di secondi ma per periodi più lunghi se percepiti dal punto di vista esteriore del tempo orario. Allora prima di consolidarvi nello stato di presenza, vale a dire prima di essere pienamente consapevoli, vi spostate avanti e indietro per un certo tempo fra la consapevolezza e l’inconsapevolezza, fra lo stato di presenza e lo stato di identificazione con la mente. Perdete l’Adesso e vi ritornate, ripetutamente. Alla fine la presenza diventa il vostro stato predominante.

Per la maggior parte delle persone la presenza non viene mai percepita oppure lo è soltanto accidentalmente e brevemente in rare occasioni senza essere riconosciuta per ciò che è. Quasi tutti gli esseri umani presentano un’alternanza non fra consapevolezza e inconsapevolezza ma soltanto fra livelli diversi di inconsapevolezza.



INCONSAPEVOLEZZA ORDINARIA E INCONSAPEVOLEZZA PROFONDA

Che cosa intendi per livelli diversi di inconsapevolezza?

Come è noto, nel sonno passiamo continuamente tra fasi di sonno senza sogni e fasi oniriche. Analogamente, allo stato di veglia quasi tutti voi oscillate fra l’inconsapevolezza ordinaria e l’inconsapevolezza profonda. Ciò che chiamo inconsapevolezza ordinaria è l’identificarsi con i propri processi di pensiero e le proprie emozioni, reazioni, desideri e avversioni. È lo stato normale della maggior parte di voi. In tale stato siete gestiti dalla mente egoica e siete inconsapevoli dell’Essere. È uno stato non di dolore acuto o di infelicità ma di un basso livello quasi continuo di disagio, malcontento, noia o nervosismo, una sorta di rumore di fondo. Potete non rendervene conto perché fa parte della vita “normale”, così come non vi rendete conto di un basso rumore di fondo quale può essere il ronzio di un condizionatore d’aria, fino a quando non si ferma. Quando effettivamente si ferma, vi è un senso di sollievo. Molte persone utilizzano alcol, droghe, sesso, cibo, lavoro, televisione o perfino il fare acquisti come anestetici in un tentativo inconsapevole di eliminare questo disagio di fondo. Quando ciò avviene, un’attività che potrebbe essere molto piacevole se svolta con moderazione si permea di una situazione di compulsione o di dipendenza e tutto ciò che se ne trae è un sollievo dei sintomi di brevissima durata.

Il disagio dell’inconsapevolezza ordinaria si trasforma nel dolore dell’inconsapevolezza profonda (uno stato di sofferenza o infelicità più acute o più evidenti) quando le cose “vanno storte”, quando l’ego è minacciato o vi sono un pericolo o una perdita, reali o immaginari, nella situazione di vita oppure un conflitto in un rapporto personale. È una versione rafforzata dell’inconsapevolezza ordinaria, diversa da questa non per tipologia ma per intensità.

Nell’inconsapevolezza ordinaria, la resistenza abituale o la negazione di ciò che esiste crea il disagio e il malcontento che quasi tutti accettano come vita normale. Quando questa resistenza si intensifica per via di qualche minaccia o pericolo per l’ego, apporta un’intensa negatività come, per esempio, collera, paura acuta, aggressività, depressione e così via. L’inconsapevolezza profonda spesso significa che è stato innescato il corpo di dolore e che voi vi siete identificati con quest’ultimo. La violenza fisica sarebbe impossibile senza l’inconsapevolezza profonda. Può anche avvenire facilmente quando e dove una folla di persone o perfino un’intera nazione generano un campo di energia negativa.

Il miglior indicatore del vostro livello di consapevolezza è dato da come affrontate le situazioni minacciose della vita quando si presentano. Attraverso queste situazioni, una persona già inconsapevole tende a diventarlo ancora più in profondità, e una persona consapevole tende a diventare più intensamente consapevole. Potete utilizzare una situazione minacciosa per risvegliarvi oppure potete lasciare che vi trascini in un sonno ancora più profondo. Il sogno dell’inconsapevolezza ordinaria allora si trasforma in un incubo.

Se non riuscite a essere presenti nemmeno in circostanze normali, come quando state seduti da soli in una stanza, passeggiate nei boschi o ascoltate qualcuno, certamente non sarete in grado di rimanere consapevoli quando qualcosa “va storto” o vi trovate ad affrontare persone o situazioni difficili, caratterizzate da perdita o minaccia di perdita. Sarete sopraffatti da una reazione, che in definitiva è sempre qualche forma di paura, e verrete trascinati nell’inconsapevolezza profonda. Queste situazioni minacciose sono le vostre prove. Soltanto il modo in cui le affrontate dimostrerà a voi e agli altri a che punto siete per ciò che riguarda il vostro stato di consapevolezza, e non quanto a lungo sapete stare seduti con gli occhi chiusi o quali visioni percepite.

Pertanto è essenziale apportare maggiore consapevolezza nella vostra vita in situazioni ordinarie in cui tutto procede con relativa tranquillità. In questo modo acquisite maggiore intensità di presenza. Questo genera in voi e attorno a voi un campo energetico di elevata frequenza di vibrazione. Nessuna inconsapevolezza, nessuna negatività, nessuna discordia o violenza possono entrare in questo campo e sopravvivere, così come il buio non può sopravvivere in presenza della luce.

Quando imparate a essere testimoni dei vostri pensieri ed emozioni, il che è una parte essenziale dell’essere presenti, potete restate sorpresi quando per la prima volta vi rendete conto del “rumore” di fondo dell’inconsapevolezza ordinaria e capite quanto di rado, o mai, siete veramente a vostro agio con voi stessi. A livello del pensiero incontrerete molta resistenza sotto forma di giudizi, malcontento e proiezione mentale lontano dall’Adesso. A livello emozionale vi sarà una corrente sotterranea di disagio, tensione, noia o nervosismo. Entrambi sono aspetti della mente nella sua modalità abituale di resistenza.

[...]

Come possiamo eliminare la negatività, secondo quanto suggerisci tu?

Lasciandola cadere. Come lasciate cadere un pezzo di carbone ardente che tenete in mano? Come lasciate cadere qualche bagaglio pesante e inutile che state portando? Riconoscendo che non volete più soffrire questo dolore o portare questo fardello e quindi lasciandolo andare.

L’inconsapevolezza profonda, come il corpo di dolore o un altro dolore profondo come la perdita di una persona cara, di solito deve essere trasformata attraverso l’accettazione, unita alla luce della vostra presenza, della vostra attenzione costante. Molti schemi dell’inconsapevolezza ordinaria, d’altronde, possono essere semplicemente lasciati cadere quando sapete che non li volete più e non ne avete più bisogno, quando capite di avere una scelta, di non essere soltanto un fascio di riflessi condizionati. Tutto ciò implica che siete in grado di accedere alla potenza dell’Adesso. Senza questo, non avete scelta.



– da “Il potere di Adesso” di Eckhart Tolle



sabato 18 agosto 2012

La vita intera è uno yoga



Sri Aurobindo afferma, da qualche parte, che la vita intera è uno yoga. Ed è così: ogni cosa può diventare una meditazione. E a meno che ogni cosa non diventi una meditazione, quest’ultima non ti è accaduta. La meditazione non può essere una parte, un frammento: o è, e in tal caso sei completamente in essa, oppure non è. Non puoi rendere meditativa una parte della tua vita. È impossibile, ma è ciò che si sta cercando di fare ovunque.

Tu hai la possibilità di diventare meditativo, non una parte di te. Quest’ultima ipotesi è impossibile, perché la meditazione è una qualità del tuo essere. È come il respiro: qualunque cosa tu stia facendo, continui a respirare. A prescindere da ciò che stai facendo – camminare, stare seduto, stare sdraiato, dormire – continui a respirare. Non puoi organizzare le cose in modo tale che a volte respiri e a volte no. È qualcosa di continuo.

La meditazione è un respiro interiore, e quando dico “respiro interiore”, lo intendo letteralmente: non si tratta di una metafora. Allo stesso modo con cui respiri l’aria, puoi respirare la consapevolezza; e quando hai cominciato a inspirare ed espirare consapevolezza, non sei più solo un corpo fisico. Con quel respiro più elevato – un respiro della consapevolezza, della vita per ciò che è – entri in un altro reame, in un’altra dimensione. Quella dimensione è metafisica.

Il respiro è fisico, la meditazione è metafisica. Per questo non puoi rendere meditativa una parte della tua vita. Non puoi meditare al mattino e poi dimenticartene. Non puoi andare al tempio o in chiesa a meditare, e poi uscire dalla meditazione non appena esci dal tempio. Non è possibile, e se ci provi starai tentando di fare qualcosa di falso. Puoi entrare e uscire da una chiesa, ma non puoi entrare e uscire dalla meditazione. Quando entri, sei entrato. Adesso, ovunque tu vada, sarai meditazione. È una delle regole essenziali, fondamentali, che vanno sempre ricordate.

Secondo: puoi entrare in meditazione da qualsiasi punto, perché tutta la vita è in profonda meditazione. Le colline stanno meditando, le stelle stanno meditando, i fiori, gli alberi e gli elementi stanno meditando, la Terra stessa è in meditazione.

Tutta la vita sta meditando, e puoi entrare in essa da qualsiasi punto: ogni cosa può diventare un ingresso. Ecco perché esistono tante tecniche e tante religioni; ecco perché una religione non riesce a capirne un’altra: perché gli accessi sono diversi. E qualche volta ci sono religioni che non sono nemmeno conosciute con quel nome. Non riconoscerai come religiose certe persone, perché il loro punto di accesso è troppo diverso.

Per esempio, un poeta: egli può entrare in meditazione senza andare da nessun insegnante, in nessun tempio, senza essere in alcun modo una cosiddetta persona religiosa. La sua poesia e la sua creatività possono diventare un accesso: egli può entrare per loro tramite. Oppure, un vasaio può entrare in meditazione semplicemente creando vasi di terracotta. L’arte stessa diventa un ingresso. Anche un arciere può entrare in meditazione tramite il tiro con l’arco, oppure un giardiniere; chiunque può entrare da qualsiasi punto. Qualunque cosa sei in grado di fare può diventare una soglia. Se la qualità della consapevolezza cambia mentre stai facendo qualcosa, diventa una tecnica. Per cui esistono tante tecniche quante ne puoi immaginare. Qualsiasi azione può diventare una soglia. La cosa fondamentale non è l’azione, la tecnica, la via, il metodo, ma la qualità di consapevolezza che porti nell’azione.

Kabir, uno dei più grandi mistici indiani, era un tessitore, e tale rimase anche quando si realizzò. Aveva migliaia e migliaia di discepoli che gli dicevano: “Smettila di tessere. Non ne hai bisogno. Siamo qui noi, e ti serviremo in ogni modo”.

Kabir rispondeva ridendo: “Il mio tessere non è semplicemente un tessere. Il produrre vestiti è l’azione esteriore; contemporaneamente, dentro di me, accade qualcosa che non potete vedere. Questa è la mia meditazione”. Come può un tessitore essere un meditatore mentre lavora al telaio? Se la qualità mentale che porti nella tessitura è meditativa, ciò che fai non ha importanza.

Un altro mistico era un vasaio: il suo nome era Gora. Produceva vasi di terracotta, danzando e cantando durante la creazione. Mentre creava un vaso sulla ruota, man mano che questo si centrava sulla ruota, anche lui si centrava in se stesso. Solo una cosa era visibile: la ruota che girava, il vaso di terracotta che nasceva e lui che lo teneva centrato; avresti scorto solo una “centratura”. Ma contemporaneamente ne accadeva un’altra: anche lui si stava centrando. Mentre centrava il vaso, aiutandolo a nascere, anche lui stava emergendo nel mondo invisibile della consapevolezza interiore. Quando il vaso era finito, non era quello il vero oggetto del suo lavoro: stava anche creando se stesso.

Qualsiasi azione può diventare meditativa, e una volta che sai in che modo un’azione lo diventa, puoi trasformare tutte le tue azioni in una meditazione. A quel punto la vita intera diventa uno yoga. Camminare per strada, lavorare in ufficio oppure stare semplicemente seduto senza fare nulla – oziare o qualsiasi altra cosa – può diventare una meditazione. Per cui, ricorda: la meditazione non appartiene all’azione, ma alla qualità che porti in essa.


– da “I segreti del Tantra” di Osho



mercoledì 8 agosto 2012

Felicità - Hermann Hesse



Felicità


Fin quando dai la caccia alla felicità,
non sei maturo per essere felice,
anche se quello che più ami è già tuo.

Fin quando ti lamenti del perduto
ed hai solo mete e nessuna quiete,
non conosci ancora cos'è pace.

Solo quando rinunci ad ogni desiderio
e non conosci né meta né brama
e non chiami per nome la felicità,

Allora le onde dell'accadere non ti raggiungono più
e il tuo cuore e la tua anima hanno pace.


- Hermann Hesse -



mercoledì 25 luglio 2012

L'amore e la paura - da Conversazioni con Dio


Tutte le azioni umane sono motivate al loro livello più profondo da uno o due sentimenti: la paura o l’amore. In effetti esistono soltanto due sentimenti, solo due parole nel linguaggio dell’anima. Esse rappresentano gli estremi opposti della grande polarità che ho creato quando ho dato vita all’universo, e al vostro mondo, come lo conoscete oggi.

Essi costituiscono i due punti, l’Alfa e l’Omega, dai quali è consentito al sistema da voi definito “relatività” di esistere. Senza questi due punti, senza queste due idee circa le cose, nessun altro concetto potrebbe esistere.

Ogni pensiero umano e ogni azione dell’uomo si basano sull’amore o sulla paura. Non c’è altra motivazione umana e tutti gli altri concetti derivano unicamente da questi due. Sono soltanto versioni diverse, variazioni sullo stesso tema.

Rifletti con attenzione e vedrai che è vero. È questo ciò che ho definito il Pensiero Promotore. Si tratta di un pensiero d’amore o di paura. Si tratta del pensiero dietro il pensiero dietro il pensiero. Si tratta del pensiero primario. Si tratta della forza primaria. Si tratta della forza bruta che guida il motore dell’esperienza umana.

È la ragione per cui il comportamento umano dà luogo a ripetute esperienze dopo ripetute esperienze; è la ragione per cui l’umanità ama, poi distrugge, poi ama di nuovo: c’è sempre l’oscillazione da un sentimento all’altro. L’amore promuove la paura che promuove l’amore che promuove la paura...

E la ragione risiede nella prima menzogna – la menzogna da voi sostenuta come la verità a proposito di Dio –, cioè che di Dio non ci si può fidare; che non si può fare affidamento sull’amore di Dio; che l’approvazione di Dio per quanto vi riguarda sottostà a determinate condizioni; che l’esito ultimo è perciò incerto. Perché se non vi è possibile fare affidamento sul fatto che l’amore di Dio è sempre disponibile, su quale amore potete fare affidamento? Se Dio si allontana e si sottrae quando non vi comportate bene, non lo faranno anche i semplici mortali?

E così, nel momento in cui impegnate il vostro più elevato amore, date il benvenuto alla più grande paura.

La prima cosa della quale vi preoccupate dopo aver pronunciate le parole “Ti amo” è di domandarvi se ve le sentirete ripetere in risposta. E se ve le sentite ripetere, cominciate allora subito a preoccuparvi del fatto di poter perdere quell’amore appena trovato. E in tal modo tutte le azioni diventano reazioni, una difesa contro la perdita, anche mentre cercate di difendervi contro la perdita di Dio.

Eppure se sapeste Chi Siete, cioè l’essere più meraviglioso mai creato da Dio, non avreste più timore. Perché chi potrebbe respingere una così stupenda magnificenza? Nemmeno Dio potrebbe trovare pecche in una simile creatura.

Ma non sapete Chi Siete, e vi considerate molto più scadenti. E da dove vi viene la convinzione di essere fino a tal punto meno meravigliosi di quello che siete? Dalle uniche persone in cui credete più che in ogni altro. Da vostra madre e da vostro padre.

Sono loro ad amarvi o ad avervi amato più di tutti. Perché dovrebbero mentirvi? Eppure non vi hanno forse detto che siete troppo di questo e non abbastanza di quello? Non vi hanno rammentato che dovete farvi vedere ma non sentire? Non vi hanno rimproverato in qualche momento della vostra più grande esuberanza? E non vi hanno incoraggiato a mettere da parte qualcuna delle vostre più sfrenate fantasie?

Tali sono i messaggi che avete ricevuto e, sebbene non corrispondano ai princìpi, e non siano perciò messaggi provenienti da Dio, potrebbero benissimo esserlo stati, perché sono giunti dagli dei del vostro universo.

Sono stati i vostri genitori a insegnarvi come l’amore soggiaccia a delle condizioni, avete subìto le loro molte volte, e questa è l’esperienza che portate nei vostri rapporti affettivi.

Ed è inoltre l’esperienza che Mi portate. Da questa esperienza tirate le conclusioni sul Mio conto. Dall’interno di questa struttura esprimete la vostra verità. «Dio è un Dio d’amore», sostenete, «ma se infrangete i suoi comandamenti, Egli vi punirà bandendovi in eterno e con un’imperitura dannazione.»

Non avete forse sperimentato il bando impostovi dai vostri stessi genitori? Non conoscete la sofferenza della loro condanna? Come potreste allora immaginare che le cose possano essere diverse nei Miei confronti?

Avete dimenticato ciò che significa essere amati senza condizioni. Non ricordate l’esperienza dell’amore di Dio. E così cercate di immaginare a che cosa potrebbe essere simile quell’amore, basandovi su quello che vedete dell’amore nel mondo.

Avete proiettato il ruolo di “genitore” su Dio, e siete quindi arrivati a concepire un Dio giudicante che premia e punisce, basandovi su come Egli apprezzi la conclusione a cui siete arrivati. Ma si tratta di un modo di vedere semplicistico circa Dio, fondato sulla vostra esperienza personale. Ciò non ha niente a che fare con quello che Io sono.

Avendo in tal modo creato un sistema di pensiero a proposito di Dio, basato sull’esperienza umana invece che sulle verità spirituali, date origine a un’intera realtà attorno all’amore. Si tratta di una realtà fondata sulla paura, radicata sul concetto di un Dio terribile, vendicativo. Il suo Pensiero Promotore è sbagliato, ma negare tale pensiero vorrebbe dire distruggere nella sua totalità la vostra teologia. E sebbene quella che verrebbe a sostituirla costituirebbe una vera salvezza per voi, non la potete accettare, perché l’idea di un Dio di cui non si dovrebbe avere timore, che non giudica e non ha motivo di punire, è addirittura troppo meravigliosa per essere abbracciata anche entro l’ambito del più grande concetto che possiate avere su chi e che cosa sia Dio.

Questa realtà di un amore fondato sulla paura domina le vostre esperienze affettive; e in effetti le crea. Perché non soltanto vedete voi stessi ricevere un amore soggetto a condizioni, ma vi vedete offrirlo nello stesso modo. E anche mentre vi negate e vi ritraete e ponete le vostre condizioni, una parte di voi si rende conto di come questo non sia quanto l’amore è veramente. Inoltre vi sembra che non si possa cambiare il modo in cui lo dispensate. Avete imparato la durezza, vi dite, e che siate dannati se avete intenzione di rendervi di nuovo vulnerabili. Eppure la verità è che sarete dannati qualora non lo facciate.

Grazie alle vostre stesse opinioni (sbagliate) circa l’amore, vi dannate non sperimentando in maniera pura. Inoltre, dannate voi stessi evitando di conoscerMi per quello che sono in realtà. Fin quando non finirete per farlo. Perché non sarete in grado di respingerMi per sempre e arriverà il momento della nostra Riconciliazione.

Tutte le iniziative intraprese dagli esseri umani si fondano sull’amore o sulla paura, e non soltanto quelle che riguardano i rapporti affettivi. Le decisioni riguardanti gli affari, l’industria, la politica, la religione, l’educazione dei giovani, l’ordine sociale della nazione, le mete economiche della società, le scelte in cui sono coinvolte la guerra, la pace, l’attacco, la difesa, le aggressioni, la sottomissione; le decisioni in merito ad agognare o a rinunciare, a serbare o a condividere, a unire o a separare... ognuna delle libere scelte che decidiate di fare si sviluppa da uno dei due unici possibili pensieri che esistono: un pensiero d’amore o un pensiero di paura.

La paura è l’energia che costringe, rinchiude, trattiene, trasforma, nasconde, accaparra, danneggia.

L’amore è l’energia che espande, apre, esprime, sopporta, rivela, condivide, risana.

La paura avvolge i vostri corpi con gli abiti, l’amore ci consente di starcene nudi. La paura si avvinghia e si aggrappa a tutto quello che abbiamo, l’amore distribuisce tutto quanto possediamo. La paura tiene costretti, l’amore tiene stretti. La paura afferra, l’amore lascia liberi. La paura affligge, l’amore consola. La paura guasta, l’amore migliora.

Ogni pensiero umano, ogni parola e ogni azione si fondano sull’uno o sull’altro di questi sentimenti. Non avete scelta a tale proposito, poiché non esiste nient’altro tra cui scegliere. Ma avete la possibilità di decidere a quale dei due rivolgervi.


Fai apparire tutto ciò così facile, eppure al momento della decisione la paura vince con maggiore frequenza. Perché?

Vi è stato insegnato a vivere nella paura. Vi è stato detto della sopravvivenza dei più idonei e della vittoria dei più forti e del successo dei più intelligenti. Vi hanno solo accennato alla gloria di chi ama di più. E quindi cercate di essere i più idonei, i più forti, i più intelligenti – in un modo o nell’altro – e se vi considerate come qualcosa di meno di questo in qualunque situazione, temete di perdere poiché vi è stato detto che mostrarsi inferiori significa perdere.

E così, naturalmente, scegliete i promotori dell’azione della paura, perché questo è quanto vi hanno insegnato. Eppure Io vi insegno quanto segue: Quando sceglierete i promotori delle iniziative dell’amore, vi troverete a fare qualcosa di più del limitarvi a sopravvivere, in tal caso otterrete di più di una vittoria, sarà per voi molto meglio dell’ottenere soltanto un successo. Sperimenterete la piena gloria di Chi Siete in Realtà, e di chi potreste essere.

Per fare questo potete mettere da parte gli insegnamenti dei vostri beneintenzionati, ma male informati professori terreni, e dare retta ai consigli di coloro la cui saggezza giunge da qualche altra fonte.

Esistono molte di queste persone in grado di insegnare in mezzo a voi, come sono sempre esistite, perché non intendo lasciarvi senza chi vi potrebbe istruire, mostrare la giusta via e guidarvi e ricordarvi queste verità. Per quanto chi potrebbe costituire il miglior maestro non sia nessuno al di fuori di voi, ma soltanto la voce del vostro cuore. Costituisce il principale mezzo da Me usato, poiché si tratta di quello più accessibile.

La voce interiore è la voce più sonora con cui ci si possa esprimere, dal momento che è quella più vicina a voi. È la voce che vi dice se una qualsiasi cosa è vera o falsa, giusta o sbagliata, buona o cattiva come voi l’avete definita. È il radar che stabilisce la rotta, manovra la barca, guida il viaggio se soltanto glielo consentite.

È la voce che vi dice proprio in questo momento se le parole che state leggendo sono parole d’amore o di paura. Grazie a questa valutazione potete decidere se ascoltarle o ignorarle.


– da “Conversazioni con Dio” di Neale Donald Walsch



martedì 17 luglio 2012

Meditare è ascoltare


I giusti atteggiamenti costituiscono solo l’inizio del viaggio spirituale, anche se perfezionare se stessi in tali ambiti richiede lo sforzo di una vita e comprende l’intero viaggio spirituale. Se da un lato è necessario il giusto atteggiamento per raggiungere la perfezione della meditazione, al tempo stesso è solo nella meditazione che le nostre attitudini possono essere perfezionate.

Che cos’è dunque la meditazione? Ecco una buona definizione: la meditazione è ascolto. Significa ascoltare non solo con l’orecchio, ma con l’anima, non solo il suono, ma il tacito linguaggio dell’ispirazione. Ognuno degli yama e dei niyama potrebbe essere descritto come una pratica per perfezionare l’arte dell’ascolto.

Considera il primo yama. “Non-violenza” è ascoltare il silenzio interiore, ascoltare in modo così attento da percepire la violenza che eserciti sulla tua pace interiore quando porti danno a qualcuno, sia pure solo nel pensiero.

“Evitare la falsità” significa “ascoltare” qualsiasi cosa accada, in questo caso imparando ad accettare ciò che non può essere evitato e a sentirsi completamente a proprio agio con esso. Significa non giudicare. Significa sforzarsi di sentire, dietro il silenzio interiore, la rassicurazione dell’anima che tutto è bene ed è come dovrebbe essere.

“Non-avarizia” significa vivere nella consapevolezza della libertà dell’anima, la compagna della pace meditativa. Significa “ascoltare” il silenzio che si trova dietro la baraonda dei desideri mondani nella mente.

La “non-accettazione” è ascoltare i divini suoni interiori (che saranno descritti più avanti); significa sapere in modo assoluto che questi suoni rappresentano la nostra sola realtà. Accettare che qualcosa possa appartenerci, siano pure i nostri talenti o i tratti della nostra personalità, può soltanto ostruire la conoscenza più profonda del Sé.

“Brahmacharya”, o controllo degli appetiti naturali, significa “ascoltare” le aspirazioni più vere, quelle dell’anima.

“Purezza” è ascoltare la “musica delle sfere”, che tutto purifica e che si ode nella meditazione profonda, invece delle influenze del mondo che insudiciano la pace.

“Appagamento” è ascoltare in un altro senso: non i canti delle sirene del desiderio, ma le armonie dell’anima simili a cori angelici, di gran lunga più piacevoli di ogni immaginabile soddisfazione mondana.

“Austerità” è ascoltare la voce della saggezza interiore, per quanto severa possa sembrare all’inizio; ascoltare le parole o le ispirazioni interiori che dolcemente, ma con fermezza, ci portano a svincolarci da ogni attività che ci distolga dal Sé. Persino i poteri che derivano dal perfezionare tapasya (austerità) vengono percepiti nella profonda meditazione come pure e semplici tentazioni della mente, dato che il loro scopo è ancora una volta quello di coinvolgerci nell’illusione.

“Studio di sé” (swadhyaya) significa, parlando in termini figurati, “ascoltare” le melodie di una motivazione pura, e imparare a distinguere tra queste e il rauco gracchiare di una motivazione che deriva dall’ego.

“Devozione al Signore Supremo” significa ascoltare in modo assorto il “Verbo” interiore che la Bibbia ci dice era «in principio», era «presso Dio», ed «era Dio». Il “Verbo” non è, come credono molti cristiani, la Bibbia stessa; non è neanche qualche altra sacra Scrittura. È l’AUM, il suono divino dal quale si è manifestato l’universo.

È troppo presto a questo punto per discutere in profondità di esperienze esoteriche come i suoni interiori. È importante però capire, mediante questo semplice accenno all’esistenza di tali esperienze, che la meditazione non è tanto un procedimento per acquietare la mente, quanto un modo per percepire realtà che esistono dietro la mente. Esiste un mondo interiore che può essere percepito soltanto quando si distoglie l’attenzione dal coinvolgimento materiale e la si dirige nuovamente verso la divina sorgente interiore.

Come ho già detto, la parola stessa “ascoltare”, nel modo in cui è usata in questo contesto, sta ad indicare molto di più che ascoltare mediante le orecchie. Significa, tra l’altro, fra tacere ogni aspettativa e lasciare che la mente si lasci completamente assorbire da qualsiasi ispirazione possa giungerle. Significa ricevere, invece di generare pensieri edificanti con la mente. Comprende ognuno di questi aspetti, ma dà a ciascuno di essi una dimensione più profonda.

Esiste infatti, letteralmente, una musica interiore che, se ascoltata, distoglie la mente da tutto ciò che riguarda il mondo e bandisce l’illusione di un’esistenza vissuta fuori dal Sé.

Così l’“ascolto”, se applicato alle attitudini di yama e niyama e alla scienza dello yoga in generale, chiarisce un equivoco molto diffuso; molti infatti immaginano che lo yoga insegni l’impegno personale, ma disdegni la necessità della grazia divina. Paramahansa Yogananda, in “Autobiografia di uno Yogi”, afferma: «Una verità non può essere creata; può soltanto essere percepita».

La grazia divina è sempre impersonale. Non dipende, come la volontà umana, dalle scelte o dalle inclinazioni personali. Non ha favoriti. Come la luce del sole, splende ovunque in modo imparziale. Ciò che impedisce alla luce del sole di arrivare ugualmente dappertutto è la presenza di ostacoli: nuvole, palazzi, tende che coprono le finestre. Ciò che impedisce alla grazia di raggiungerci è la presenza di ostacoli nella nostra coscienza.

Può darsi che non possiamo fare molto per rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla grazia: come le nuvole e i palazzi, essi sono messi lì dalla Natura o da altre persone – malattie, per esempio, o forme-pensiero negative – ma possiamo sollevare le tende che coprono le finestre della nostra mente. Questi ostacoli sono le nostre inquietudini mentali e i nostri desideri mondani.

È questa, dunque, l’azione benefica della pratica dello yoga: essa solleva le nostre tende mentali e ci aiuta ad ascoltare con più attenzione il divino richiamo interiore. È – per usare un’altra immagine – come girare il calice del pensiero e sentire, tenendolo rivolto in alto, che il vino della grazia può riempirlo. Se invece il calice è capovolto, la grazia che (a differenza della luce del sole) è supercosciente, non lo riempirà. Perché dovrebbe versarsi inutilmente sul pavimento?


– da “Supercoscienza. Risvegliarsi oltre i confini della mente”
di Swami Kriyananda



Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...