venerdì 29 luglio 2011

La dottrina immortale



Non era ancora mezzanotte, ma Glyndon già si dirigeva al luogo dell’appuntamento. Il misterioso ascendente che Zanoni aveva acquistato su di lui era ancor più solennemente confermato dagli avvenimenti delle ultime ore: l’improvvisa fine del principe, accuratamente preordinata e tuttavia così accidentale in apparenza, provocata da cause banali e associata a parole profetiche, tutto gli aveva suscitato una profonda ammirazione e altrettanto rispetto. Era come se quell’essere misterioso potesse mutare gli eventi più ordinari e gli strumenti più meschini in agenti della sua inscrutabile volontà; ma se era così, allora perché aveva permesso la cattura di Viola? Perché non prevenire il delitto, anziché punire il delinquente? E Zanoni, amava realmente Viola? E se l’amava, perché l’aveva offerta a lui, a un rivale che le sue arti avrebbero potuto rendere impotente con la massima facilità? Glyndon non credeva ormai più che Zanoni e Viola fossero stati d’accordo per obbligarlo a sposarla. Il suo timore e la sua reverenza per il primo respingevano ormai l’idea d’una sì meschina impostura. Egli stesso, amava ancora Viola? No. Quando al mattino aveva udito del suo pericolo era tornato, è vero, ai timori dell’affetto ma, con la morte del principe, l’immagine di lei era svanita di nuovo dal suo cuore ed egli non provava nessuna fitta di gelosia al pensiero che lei era stata salvata da Zanoni e che in quel momento, probabilmente, si trovava sotto il suo tetto. Ormai Glyndon non aveva più che un solo acuto e sublime desiderio: voleva essere il rivale di Zanoni, non negli affetti umani e mortali, ma nella sapienza soprannaturale e immortale. Avrebbe rinunciato alla vita con gioia, anzi con felicità, se tale fosse stato il prezzo richiesto per conoscere quei solenni segreti che separavano lo straniero dall’umanità.

Innamorato di quella che era la dea delle dee, egli stese le braccia e si protese nell’etere infinito.

La notte era serena e l’inglese procedeva lungo la spiaggia, dove piccole onde venivano a morire ai suoi piedi. Finalmente giunse al luogo indicato e lì, appoggiato contro la solitaria colonna, scorse un uomo avvolto in un lungo mantello e in atteggiamento di profonda meditazione.

Gli si avvicinò e pronunciò il nome di Zanoni. L’uomo si volse, e vide il volto d’uno sconosciuto: un viso non modellato nella gloriosa bellezza di Zanoni, ma egualmente maestoso e forse anche più grave, perché marcato dall’età matura e dalla profondità del pensiero libero e disinteressato; la fronte molto spaziosa era sottolineata da occhi scuri e penetranti.

«Voi cercate Zanoni», disse costui, «egli verrà subito; ma, forse, colui che vedete ora è più legato al vostro destino e più disposto a realizzare i vostri sogni.»

«Vi è dunque sulla terra un secondo Zanoni?»

«Se così non fosse, perché accarezzereste la speranza e la fede di essere come Zanoni? Credete forse che nessun altro mai abbia inseguito il medesimo sogno? Chi, difatti, nella sua prima gioventù – quando cioè l’anima è più vicina al cielo dal quale venne e le sue divine nostalgie non sono ancora del tutto cancellate dalle sordide passioni e le cure meschine del tempo –, chi nella prima gioventù non ha nutrito la certezza che l’universo nasconda dei segreti ignoti alla massa, e non ha aspirato – come il cervo all’acqua limpida – conoscere le sorgenti che giacciono nascoste e lontane tra le vaste solitudini di una scienza ormai smarrita? La musica della sorgente viene udita dall’anima “interiore”, finché il passo, errante e deluso, non si allontana dalle sue acque e il viandante muore nello sconfinato deserto. Credete che nessuno tra quelli che accarezzarono quella speranza, riuscì mai a trovare la verità? O che il desiderio dell’ineffabile conoscenza ci fu dato invano? No! Ogni desiderio del cuore umano non è se non un presentimento di cose che esistono, lontane e divine. Nel mondo sono esistite, di secolo in secolo, alcune menti più illuminate e più felici che hanno raggiunto l’atmosfera ove si muovono esseri superiori ai comuni mortali. Zanoni, per grande che sia, non è solo. Ha avuto i suoi predecessori, e lunghe file di successori possono ancora venire.»

«Intendete dire», domandò Glyndon, «che nella vostra persona io contemplo uno di quei pochissimi sui quali Zanoni non ha superiorità di potere o di saggezza?»

«In me», rispose lo sconosciuto, «voi vedete uno dal quale Zanoni stesso imparò alcuni dei suoi maggiori segreti. Su questa spiaggia, in questo luogo, io sono già stato in epoche che le vostre cronache a stento conoscono. I Fenici, i Greci, i Romani, li ho veduti tutti!... Ma ciò non può interessarvi, e siete saggio nella vostra indifferenza. Non nella conoscenza delle cose esteriori, ma nella perfezione dell’anima interiore consiste la ricchezza dell’uomo che aspira a esser più degli altri uomini.»

«E quali libri contengono la vostra scienza, da quale laboratorio la si ottiene?»

«La Natura ne fornisce i materiali. Vi stanno attorno nelle vostre passeggiate quotidiane; nelle erbe che l’animale divora e il chimico disdegna di cogliere; negli elementi, dai quali la materia nelle sue minime e nelle sue massime forme vien dedotta; nel vasto seno dell’aria e nei neri abissi della terra, ovunque sono offerte ai mortali le risorse e i volumi della dottrina immortale. Ma come i più semplici problemi degli studi più elementari sono oscuri a colui che non rinforza la propria mente per la loro comprensione, come il mozzo di quel vascello laggiù non può dirvi perché due circoli possano toccarsi solo in un punto; così, sebbene la terra tutta sia composta e intessuta con parole di divina sapienza, i caratteri ne sono senza valore per colui che non si ferma a indagarne il linguaggio e a meditarne la verità. Giovanotto, se la vostra immaginazione è vivace, se il vostro cuore è coraggioso, se la vostra curiosità è insaziabile, io vi accetterò come discepolo. Ma vi avverto che le prime lezioni saranno severe e paurose.»

«Se voi che le avete superate, perché non lo potrei anch’io?» rispose Glyndon audacemente. «Fin dall’infanzia ho sentito in me che strani misteri avvolgevano il mio avvenire; e dalle mete più orgogliose d’una ordinaria ambizione ho girato lo sguardo nella buia nebbia che si stende al di là. Nell’istante stesso in cui scorsi Zanoni, sentii di aver trovato la guida e il tutore per il quale la mia giovinezza aveva via via pigramente languito o ardentemente bruciato, invano.»

«Il suo compito viene trasferito a me», rispose lo straniero. «Vi è laggiù, ancorato nel golfo, il vascello sul quale Zanoni cerca una casa più lieta; ancora poco tempo e la brezza gonfierà la vela, e andrà via, come il vento. Ma, come il vento, egli lascia nel vostro cuore il germe che può recar fiore e frutto. Zanoni ha iniziato il suo compito, non abbiamo più bisogno di lui. Colui che recherà a perfezione il suo compito, è al vostro fianco. Ma egli viene! Odo il battere d’un remo. Vi verrà nuovamente offerta la vostra scelta. A seconda di quanto deciderete, noi c’incontreremo di nuovo, oppure no.»

Con queste parole lo sconosciuto s’allontanò lentamente e scomparve nell’oscurità che avvolgeva le scogliere. L’imbarcazione avanzò rapidamente: ne scese un uomo, e Glyndon riconobbe Zanoni.

Questi, dopo un breve saluto, entrò subito in argomento: «Glyndon, io non vi offro più la scelta d’un amore felice e d’un sereno avvenire. Quell’ora è superata, e il destino ha unito alla mia quella mano che avrebbe potuto essere vostra. Ma ho ancora altri doni da offrirvi se volete abbandonare la speranza che vi rode il cuore e la cui realizzazione nemmeno io ho il potere di vedere. Lasciate che la vostra ambizione sia umana, e io la potrò colmare pienamente. Gli uomini desiderano quattro cose nella vita: amore, ricchezza, celebrità e potere. La prima non ve la posso più dare, le altre sono tuttora a mia disposizione. Scegliete quella che volete e separiamoci in pace.»

«Non sono questi i doni ch’io desidero. Io scelgo la Conoscenza, quella conoscenza che è pure in vostro potere. Per questo, e solo per questo, ho rinunciato all’amore; questa, e questa solo, deve essere la mia ricompensa.»

«Non vi posso contrariare, sebbene vi possa ammonire. Il desiderio d’imparare non sempre racchiude le possibilità di acquisire. Io vi posso dare, è vero, l’istruttore; ma il resto dipenderà unicamente dalle vostre facoltà. Siate savio in tempo, e prendete quanto io vi posso assicurare.»

«Rispondete solo a queste domande, dopo di che deciderò. È nel potere dell’uomo di ottenere comunicazioni con gli esseri d’altri mondi? È nel potere dell’uomo d’influenzare gli elementi e di assicurare la propria vita contro la spada e la malattia?»

«Tutto ciò è possibile», rispose Zanoni, «ma solo a pochi. Per uno solo che raggiunga tali segreti, milioni possono perire nel tentativo.»

«Una domanda ancora. Voi...»

«Attento! Di me stesso, come già dissi, non rendo conto a nessuno.»

«Allora, devo credere ai vanti dello sconosciuto che ho incontrato stanotte? È egli, lo sconosciuto, uno di quei profeti prescelti che ammettete abbiano conquistato quei misteri ai quali agogno?»

«Oh, uomo temerario!» disse Zanoni in tono di compassione «la vostra crisi è ormai passata e la vostra scelta decisa! Posso solo augurarvi d’essere coraggioso e di prosperare. Sì, io vi cedo a un maestro che ha veramente il potere e la volontà di aprirvi i cancelli d’un mondo terribile. Sappiate però che il vostro benessere o la vostra miseria sono nulla agli occhi della sua inflessibile saggezza. Vorrei raccomandargli di risparmiarvi, ma non mi darebbe retta. Mejnour, accogliete il vostro discepolo!»

Glyndon si volse, e il suo cuore batté quando vide che lo sconosciuto, i cui passi non aveva udito ed il cui avvicinarsi non aveva veduto nel chiaro di luna, era di nuovo al suo fianco!

«Addio», continuò Zanoni, «la vostra prova ha dunque inizio. La prossima volta che c’incontreremo, voi sarete vittima o vincitore.»

L’occhio di Glyndon lo seguì mentre ritornava nella barca, e allora per la prima volta s’accorse che accanto ai rematori vi era una figura femminile, che si alzò in piedi per accogliere Zanoni. Anche a distanza egli riconobbe la figura già tanto adorata di Viola. Ella gli fece un cenno con la mano, e attraverso l’aria calma e luminosa, gli giunse la sua voce dolce e triste: «Addio, Clarence... io vi perdono! Addio... addio!»

Egli tentò di rispondere, ma era troppo commosso e le parole gli mancarono. Viola era dunque perduta per sempre, partita con quel misterioso personaggio: l’oscurità sommergeva il suo destino!

La barca si allontanava, recando i due innamorati, finché raggiunse il vascello, che già gonfiava allegramente le vele al primo alzarsi d’un fresco vento. Glyndon, volgendosi a Mejnour, ruppe il silenzio: «Ditemi, se potete leggere nel futuro, ditemi che il suo destino sarà bello, e che la sua scelta almeno è stata saggia.»

«O mio discepolo!» rispose Mejnour con un tono che ben si addiceva alle parole raggelanti. «Il tuo primo compito deve consistere nel ritirare ogni pensiero, o sentimento, o simpatia, dagli altri. Lo stadio elementare della conoscenza è di rendere il sé, e soltanto il sé, il tuo studio e il tuo mondo. Hai scelto il tuo destino, hai rinunciato all’amore, hai ripudiato la ricchezza, la celebrità, le pompe volgari del potere. Che cosa è dunque per te l’umanità? D’ora innanzi, il tuo solo scopo è di perfezionare le tue facoltà e concentrare le tue emozioni!»

«E la fine sarà la felicità?»

«Se la felicità esiste», rispose Mejnour, «dev’essere concentrata nel sé, al quale le passioni sono sconosciute. Ma la felicità è l’ultimo stadio dell’essere, e finora tu non sei che sulla soglia del primo stadio.»

Mentre Mejnour così parlava, il vascello si allontanava lentamente. Glyndon sospirò, e discepolo e maestro ritornarono verso la città.



– da “Zanoni” di Edward Bulwer-Lytton



lunedì 25 luglio 2011

Novalis




Novalis - Edoardo De Angelis


Amore mio con l’anima negli occhi
Ti è rimasto un sorriso nelle ciglia
E la luna del mattino gli somiglia
È ancora prigioniera in mezzo ai rami
Chissà che cosa pensi
Chissà che cosa ami...

Amore mio con l’anima nel cuore
Se i tuoi pensieri avessero un colore
Sarebbe rosso più del fuoco
Più del sole
E anche rosso così non è abbastanza
Accendiamo una stella
Dentro la nostra stanza...

Amore mio con l’anima nei fianchi
Ti sento così forte che mi fai tremare
Ti sento così forte che mi manchi
Mi manchi così forte da non poter pensare
Che adesso tu sei qui
E ti potrei toccare.


sabato 16 luglio 2011

Corso accelerato di creatività



di Alejandro Jodorowsky


Quando parlo di creatività mi riferisco a un cambiamento totale che si verifica dentro di noi. Se non ho mai voluto riflettere a voce alta su questo tema, è perché quello che ascolterete è molto strano. Senza creatività il mondo funziona assai male. Sono sicuro che la maggior parte delle malattie deriva dalla mancanza di creatività e che i problemi sociali presenti nel mondo sono dovuti a tale carenza. La creatività mal compresa provoca la guerra e i crimini.

Per operare con la creatività bisogna essere critici nei confronti di noi stessi e di tutto ciò che rappresentiamo. Quando osservo qualcuno, posso vedere in che stato si trova il suo fisico. Posso anche vedere le sue tensioni mentali, il modo in cui il suo spirito è ripiegato su se stesso. In altri, percepisco i dubbi che nutrono sulla propria persona oppure constato come l’educazione ricevuta costituisca una pesante crosta, poiché è stata basata sulla razionalità. Altri ancora sono sempre legati alle cose del passato. Quando osservo, non lo faccio con uno sguardo critico, ma con uno sguardo creativo. Se leggo i tarocchi a qualcuno, vedo la persona nel suo complesso, perché prescindo dai miei limiti. Questo è solo un esempio di creatività. La creatività è così strana che si può arrivare a essere Cristo, Buddha, la Vergine o Atena. La creatività è in rapporto con la religione e anche con i miti. A me ha salvato la vita. Per questo, introdurrò questo corso raccontando eventi del mio passato.

Sono nato in un quartiere operaio, mio padre aveva un negozio ed era commerciante, come la racconto in un libro che si chiama “La danza della realtà”. Sono arrivato in un mondo molto limitato e ho pensato che la creatività fosse l’unico strumento di cui disponessi. Quel che è certo è che mi piaceva studiare, ero un bravo studente, ma mi annoiavo un po’. Siccome i miei zii, che detestavo, erano docenti universitari, ho lasciato l’università. Allora mi sono detto: “L’unico strumento che può salvarmi la vita è l’immaginazione”.

Ma come si sviluppa l’immaginazione? Nel mio caso non è stato difficile. Avevo imparato a leggere a cinque anni e passavo la maggior parte del tempo tra i libri: racconti di fate, storie di tutti i tipi... Ho sviluppato l’immaginazione attraverso la lettura. L’immaginario formato attraverso i libri è sempre un immaginario intellettuale, perché passa attraverso le parole. Ma l’immaginazione è molto più di questo. La creatività va al di là delle parole.

Uno dei grandi problemi della creatività è la morale. Per sviluppare l’immaginazione, è necessario essere amorali. La morale incatena l’immaginario. Bisogna essere coraggiosi e prescindere da questo strumento.


Storia dell’immaginario

Dal punto di vista storico, l’essere umano ha cominciato a vivere rinchiuso in ciò che era, in se stesso. Poi si è reso conto che poteva lasciar entrare dentro di sé elementi che non si trovavano in lui, bensì al di fuori del suo corpo. Ci hanno spinto nella natura, ed ecco che la natura siamo noi! All’inizio, tuttavia, il mondo ci risultava estraneo.

Per esempio, supponiamo che io sia un selvaggio: so che il mondo non sono io, ma mi rendo conto dell’esistenza di alberi, vegetazioni, fiori, muschio... Per mezzo della stregoneria, un giorno assimilo l’albero alla mia persona. Creo un totem vegetale. Sono legato all’albero, al totem. Quando si pianta un albero, quell’albero sono io; quando se ne taglia il tronco, io muoio. Quando muoio, mi depositano in bocca alcuni semi, dai quali cresce un altro albero meraviglioso. Dal mio cadavere spunta un albero, dunque sono un seme. Assimilando gli alberi, comincio a lavorare la terra, perché mi identifico con le piante. Alla base della mia immaginazione sta il mondo vegetale, cosa che si è trasmessa fino ai nostri giorni, dal momento che i fitoterapisti utilizzano le piante per curare. Occorre entrare nello spirito delle piante, ma al contrario, aprendo una porta affinché lo spirito delle piante penetri in me. Finché lo spirito delle piante non sarà penetrato in me, non sarò creativo.

Dove finisce lo spirito delle piante si trova l’Om Mani Padme Hum, o il diamante del loto. Qui è concentrata l’intera religione tibetana. Dalla palude esce un loto, nel quale cresce Buddha. Tutta la religione egizia o buddhista si basa sull’assimilazione di una pianta. Perché questa si dischiude al sole, diffonde il suo profumo, diventa dio. Io sono una pianta che cresce nel fango, che cresce dal mio inconscio; cresco dalla coscienza, dalla conoscenza, e da me esce l’Essere di Luce. Tutto ciò ha un’origine remota. La pianta che ho assimilato in me ha aperto le mie porte. Un koan zen recita: “Porta aperta al nord, porta aperta al sud, porta aperta all’est, porta aperta all’ovest”. È la risposta alla domanda: “Che cos’è il Buddha?”. Non si capisce che cosa voglia dire, ma almeno si comprende che qualcosa si apre. La persona che non è iniziata alla creatività si applica nella ricerca, ma aprirsi le costa molto. Per essere creativi, bisogna sciogliersi. E così si entra nello zen, perché il motto essenziale dello zen è mollare gli ormeggi, liberarsi.


Mentre l’umanità continua sulla via del progresso, l’uomo lascia entrare dentro di sé l’animale. Assimila l’animale: gli insetti, le rane, le tigri, i leoni, i leopardi, i ragni... ossia il totem animale. Dal totem animale nasceranno tutti gli dei: Apollo, per esempio, è una rana. In molte culture spiccano maschere animali, di leopardi in Messico, di coccodrilli in Africa, e anche lo zodiaco ha per simboli figure di animali; ancor oggi esiste l’assimilazione del totem animale nella nostra vita quotidiana, dato che usiamo espressioni come “essere un falco” o “comportarsi da predatore”. Abbiamo assimilato in noi l’animale.

Questo è il modo in cui all’inizio l’uomo ha prodotto la sua creatività. Di ogni cosa che assimila fa un dio. Ogni dimensione che viene assimilata, fa crescere il nostro essere. Dopo aver assimilato l’animale, l’uomo è diventato cacciatore; può allevare mucche, agnelli... Assimila una tigre, può cacciare una tigre; assimila un elefante, può domare un elefante. Da ciò discende il dio indiano Ganesh con la sua testa di elefante. Per la cultura indiana il ragno è Maya, la dea che tesse l’universo; e questo universo è un sogno, un sogno tessuto a forma di ragnatela. Nei tarocchi osserviamo che l’arcano VIII è la Giustizia e la Giustizia discende dal ragno. Tutti i numeri otto derivano dal ragno: le otto zampe, il simbolo dell’infinito e altri riferimenti.

Ma dobbiamo spingerci oltre. L’uomo osserva i movimenti della luna, i movimenti del sole; guardando le stelle assimila i ritmi del cosmo. Da qui nascono la legge, la regalità; l’intera organizzazione della società nasce dall’assimilazione del ritmo cosmico. Per esempio, c’era un re che nelle notti di luna piena faceva regali al suo popolo e quando la luna scompariva veniva deposto. Seguivano la condotta della luna. Pensiamo per cicli. L’assimilazione degli astri nell’organizzazione sociale persiste ancora. Siamo governati da un presidente, che simboleggia il sole, e dalla moglie del presidente, che simboleggia la luna. Il papa è un simbolo solare; la papessa è un simbolo lunare. L’assimilazione dei ritmi cosmici è importante per noi. L’illuminazione avviene in riferimento a tanti cicli. Si dice: “Mi illuminerò, mi trasformerò in sole”. E brilliamo come il sole. Il che significa che il nostro fine supremo è trasformarci in sole (Amon-Ra), perché la luna riflette la luce del sole. Vale a dire che l’io deve essere come la luna, altrettanto umile, per riflettere nella sua totalità la luce del sole. Quando al sole è stato assegnato un significato maschile, la nostra società ha cominciato a degenerare. In Germania si trovano resti di un’antica civiltà nella quale la luna era maschile e il sole femminile. Sono resti di una società matriarcale, nella quale trasformarsi in sole significava trasformarsi in donna. Oggi significherebbe trasformarsi in uomo, inconsciamente parlando. Tutto questo non significa che dobbiamo intendere il sole come una rappresentazione papale o di altro tipo. In fondo il sole è una specie di androgino essenziale.


Nel secolo dei Lumi, l’uomo decide di essere intellettuale, puramente intellettuale. E la meccanica comincia a produrre apparecchiature: motori a gas, meccanismi o macchine che funzionano con energia manuale, come gli orologi. L’uomo assimila le macchine. Imita il comportamento delle macchine! È arrivato il pensiero razionale. Anche oggi ci sono tracce del razionalismo del secolo dei Lumi. Quando vado al cinema con un francese, dice: “Ma questo non è logico, non è possibile”. Se andiamo a vedere il film di Kubrick “Shining”, quando il protagonista viene chiuso nella dispensa e all’improvviso esce con un’ascia, diciamo: “Non è possibile, non è logico, chi gli ha aperto la porta?”. Siccome non ci sembra possibile, non è accettabile. Tutto ciò che non è logico non ci serve! Questo esempio mostra l’introduzione della macchina nel nostro immaginario, perché le macchine sono logiche in maniera assoluta e totale. Hanno uno scopo molto chiaro, quindi l’uomo deve avere una finalità altrettanto chiara. Il buddhismo, al contrario, cerca l’illuminazione senza scopo. Siamo influenzati dal razionalismo. Essere razionali è bene, ma essere soltanto razionali è una lebbra, una peste, una malattia. Quando la sessualità ha imboccato la strada della razionalità attraverso la religione, per esempio, è avvenuta una catastrofe. Si è creata una morale razionale che si è estesa a tutta la società, e che è profondamente distruttiva. Nell’introdurre la razionalità nel sesso si crea un problema, che ci ha portato, in seguito, proprio a spezzare la razionalità.


Per reazione a questa malattia sono comparsi Freud e i surrealisti. Il surrealismo è stato molto importante perché abbiamo cominciato a identificarci con i sogni, abbiamo recuperato il regno dei sogni, in quanto parte di noi. Nell’antichità, in Grecia, il sogno apparteneva agli dei e non agli esseri umani. Però, nell’assimilare il sogno, io sono quello che sogno.

Facciamo un altro passo avanti. Ora, nel XXI secolo, abbiamo i computer, il che presuppone un cambiamento totale della nostra mentalità, perché in dieci anni abbiamo fatto nostri tutti i sistemi dell’informatica. Adesso una casa si può osservare da tutti i lati. Con il tuo immaginario, puoi entrare dalla finestra, visitare un appartamento e uscire. Possiamo osservare una persona con la mente, percorrere le sue vene e tutto il suo corpo per arrivare al luogo prescelto. Intendo dire che cominciamo ad avere un atteggiamento da computer. Questa è la mutazione che stiamo subendo in questo momento. Elaboriamo dati in modo diverso. Che cosa verrà dopo? Bene, ho fatto un breve percorso storico dell’immaginario.

Quello che voglio spiegare è che, se guardo le mie scarpe, che sono di un’epoca razionale, vedo il vegetale, scarpe come radici. Vedo l’animale, scarpe come cuoio, la materia di cui sono fatte. E posso anche congetturare dove mi portano le scarpe come oggetto, e questo è razionale. Surrealista: vedo che tutta la mia infanzia sta qui dentro! E nell’epoca attuale, le scarpe possono essere rosse, possono essere verdi, gialle; possiamo cambiare il loro colore, possiamo cambiarne la forma; ci sono dieci milioni di scarpe che posso mettermi subito ai piedi. Sono libero di uscire dalla mia prigione mentale.


Dalla nostra cella


Comincio questa parte del corso con la parola “prigione”. Spero che questo costituisca per voi uno strumento, una chiave di lettura. Per me questa riflessione è stata molto importante. È la realtà nella quale vivo. Ecco la storia: sono nato in un corpo limitato, mi sento impotente. Tutti noi disponiamo di quattro elementi: l’intellettuale, l’emotivo, il sessuale e il fisico. Viviamo nelle idee, nelle emozioni, nei desideri e nei bisogni. Questi elementi sono rappresentati nei mandala tibetani, indiani, induisti, nella carta dei tarocchi che corrisponde al Mondo ecc. È una divisione in quattro parti, con il quinto elemento al centro. Questo è il vero percorso attraverso tutta la storia dell’arte dell’umanità. In ognuna di queste quattro parti abbiamo, come guardiani, i draghi. Ogni torre è protetta con fermezza. Pensiamo all’immagine dei leoni a guardia della porta di un tempio, o i doccioni di Notre-Dame. Al nostro interno abbiamo guardiani eccellenti, che controllano che restiamo nei limiti. Il mio intelletto è chiuso a chiave, tenuto al sicuro; le mie emozioni sono come chiuse in cassaforte; la mia sessualità e i miei bisogni sorvegliati. Tutto è salvaguardato, e sono proprio questi carcerieri creati da noi che ci impediscono di essere creativi. Per questo ciò che sto dicendo è un po’ rivoluzionario, perché per essere creativi bisogna sconfiggere i guardiani e abbattere la porta, anche se non li vediamo o nemmeno li individuiamo. Sono come la strega cattiva delle favole, che bisogna sconfiggere; sono l’orco, la paura... Sono i nostri custodi. Siamo stati formati dalla storia dell’umanità, dal modo in cui il pianeta si è sviluppato, dalla società, dal paese, dalla famiglia. Tutto questo vive in noi. I nostri carcerieri sono preistorici. A poco a poco sono diventati forti, si sono arroccati. Noi dobbiamo attaccare questi guardiani, liberarci di loro; il problema è che, quando li attacchiamo, ci sentiamo minacciati, privi di protezione, e si affaccia la paura.

L’ultimo limite che bisogna vincere per essere creativi è quello degli escrementi. Siamo un corpo che espelle materia in decomposizione. L’orina, la saliva, lo sperma, il mestruo... Stiamo parlando soltanto del corpo. Una persona che ha guardiani radicati nelle proprie escrezioni non può essere creativa. Nella medicina ayurvedica c’è una scuola che utilizza l’orina a fini medici. In Messico ho trovato un guaritore che curava con tutta una serie di escrementi di animali, e secondo lui ogni escremento aveva una capacità farmacologica differente.

Nella creatività psicomagica, a volte, quando le persone sono bloccate, consiglio loro di dipingere un quadro con i propri escrementi. Il blocco, di solito, ha origine nell’infanzia, nel caso di famiglie molto esigenti riguardo alla pulizia e che proibivano ai bambini di sporcarsi o di mangiare con le mani. Proibivano loro di essere liberi.


Siate creativi

Chi vuole essere creativo deve tentare di fare questo esercizio: bisogna collocarsi su una superficie assorbente, bere un litro o due di acqua, e poi bisogna tentare di orinare facendo un disegno e fare in modo che il liquido lasci una traccia. In ogni modo, dobbiamo tenere conto che, per essere creativi, dentro di noi deve esistere il bambino sporco. Nella escrezione non ci possono essere limiti. Sono stato molto amico della pittrice surrealista Leonora Carrington, che era stata compagna di Max Ernst. L’ho conosciuta in Messico. Mi ha raccontato di essere stata anche l’amante di Buñuel, il quale, però, all’improvviso l’aveva abbandonata. Allora lei, il giorno in cui ha avuto le mestruazioni, ha messo le mani nel sangue e le ha impresse su tutti i muri dell’appartamento. La sua è stata una reazione creativa, un atto di psicomagia nel quale le mestruazioni sono state usate come un elemento di trasformazione. Ho realizzato molti atti di psicomagia come questo. Nella magia amorosa il sangue mestruale è molto usato. Le escrezioni, in generale, sono usate per tutti i tipi di incantesimi. Spesso la magia funziona sulla base di escrezioni: la bava del rospo, del serpente, dei ragni... Tutto ciò che ci appare personale, come le escrezioni, viene utilizzato creativamente. Se si vuole avere una funzione generatrice, non bisogna avere alcun limite sessuale, come è capitato con il primo grande pioniere in questo campo, il marchese de Sade. È questo il motivo per cui il surrealismo lo ha adottato: perché ha immaginato rapporti sessuali di tutti i tipi. Dalla lettura di “Le 120 giornate di Sodoma” emerge che Sade era uno scienziato che faceva ricerche su tutte le possibilità del sesso senza limiti, che può andare dall’antropofagia al delitto sadico, all’incesto: può arrivare a tutto. Per poter risvegliare la creatività, è necessario avere un’immaginazione sessuale libera da ogni morale, libera da ogni immagine religiosa. È necessario liberarsi. Un artista ha bisogno di immaginare le più grandi aberrazioni. Abbiamo bisogno di sviluppare nella nostra mente tutte le possibilità.

Quando qualcuno ha immaginazione, ma è privo di equilibrio, può assassinare milioni di ebrei, come è accaduto a Hitler, o far esplodere la bomba atomica. In entrambi i casi, si è sviluppato il lato oscuro che vive dentro di noi.

Uno dei più potenti guardiani che ci controllano è il Super-io che, modellato dai nostri genitori, ci dice in continuazione: “Questo si fa, questo non si fa, questo è proibito”. Bisogna assimilare, dominare, annientare il Super-io.

Una persona creativa non ha neppure limiti emotivi. Il che significa che dobbiamo essere coscienti che un individuo può uccidere, tradire, essere goloso, vanitoso, avaro, collerico... Emotivamente posso e devo immaginare tutto dentro di me. Posso essere un santo, forse un benefattore dell’umanità, e al tempo stesso posso essere un tipo che avvelena l’acqua per eliminare la vita. Nel mio immaginario emotivo devo spezzare tutti i limiti, sconfiggerli.

Vediamo ora alcuni aspetti che si riferiscono alla creatività e al mentale. La prima cosa che devo vincere è il dominio delle parole. Se sono soffocato dalle parole, non posso essere creativo. Questo è quello che ho fatto dentro di me: ho visualizzato tutte le degenerazioni del mondo. Non sono un depravato, ma nel momento in cui devo creare qualcosa, ho tutti gli elementi a mia disposizione. Quando vedo una persona, come sapete, prescindo dai limiti. Per cui la persona può dirmi quello che le succede: non mi sorprenderà. Una delle grandi barriere rispetto alla creatività terapeutica è la sorpresa. Un terapista non può sorprendersi, deve essere preparato ad ascoltare tutto, niente lo sorprenderà mai, perché ha immaginato tutto. Ora, la stravaganza meravigliosa è qualcosa di molto diverso dalla sorpresa.

Dicevo che le parole sono la prima barriera – la più importante – della quale siamo prigionieri. E questo succede perché, generalmente, nella nostra civiltà, si mette in rapporto la persona con tutto ciò che dice: “Io sono quello che dico”. Questa convinzione persiste tuttora, benché con il surrealismo, Freud, Lacan e altri sia venuta meno l’idea che siamo quello che diciamo. Eppure passiamo l’intera giornata a raccontarci cose. L’amicizia “stupida” è trovarsi per dire cose, non per fare cose. Ci diciamo cose, chiocciando come un pollaio. Ci educhiamo parlando, non facendo cose. Per questo esiste il proverbio: “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Passiamo la vita a dire: “Mi hai detto questo”, “Ritira subito quello che hai detto”. È molto infantile, è l’infantilismo di un’educazione verbale, dove soltanto le parole significano qualcosa. E la creatività a questo stadio è nulla. Un mondo in cui ci sono soltanto parole è un universo privo di creatività. Le parole risultano isteriche quando sono assunte come un linguaggio, in cui l’oggettività è rappresentata dalle parole stesse. La creatività si dà fuori delle parole. Quando il poeta lavora essenzialmente con parole, allora queste esplodono. Sono dissipate spezzate.



– tratto dal libro “Psicomagia. Una terapia panica”



sabato 9 luglio 2011

La Verità è una terra senza sentieri



Jiddu Krishnamurti


Questa mattina esamineremo lo scioglimento dell’Ordine della Stella. Alcuni ne saranno contenti, e altri rattristati. Non è un’occasione di allegria né di tristezza perché, come spiegherò, è inevitabile. Ricorderete la storia del diavolo e un suo amico che, camminando, vedono un uomo chinarsi, raccogliere qualcosa da terra e metterselo in tasca. L’amico chiese al diavolo: "Che cosa ha raccolto?". "Un pezzo di Verità", rispose il diavolo. "Un brutto affare per te", disse l’amico. "Per niente!", rispose il diavolo. "Aspetterò che la organizzi!".

Ritengo che la Verità sia una terra senza sentieri e che non si possa raggiungere attraverso nessuna via, nessuna religione, nessuna scuola. Questo è il mio punto di vista, e vi aderisco totalmente e incondizionatamente. Poiché la Verità è illimitata, incondizionata, irraggiungibile attraverso qualunque via, non può venire organizzata, e nessuna organizzazione può essere creata per condurre o costringere gli altri lungo un particolare sentiero. Se lo comprendete, vedrete che è impossibile organizzare una "fede". La fede è qualcosa di assolutamente individuale, e non possiamo e non dobbiamo istituzionalizzarla. Se lo facciamo diventa una cosa morta, cristallizzata; diventa un credo, una setta, una religione che viene imposta ad altri. È quello che tutti cercano di fare in tutto il mondo. La Verità viene svilita e resa un giocattolo per persone deboli o solo momentaneamente insoddisfatte. Non possiamo ‘abbassare’ la verità, ma piuttosto sforzarci noi di ‘salire’ a essa. Non possiamo far scendere a valle la cima della montagna. Se vogliamo raggiungere la cima dobbiamo attraversare la valle e salire il versante, senza timore dei pericolosi precipizi. Dobbiamo salire individualmente verso la Verità, che non può venire ‘abbassata’ per noi o organizzata per noi. Sono le organizzazioni che propongono un’idea, ma l’organizzazione non fa che risvegliare l’interesse dentro di noi. Se l’interesse non nasce dall’amore per la Verità stessa, ma passa soltanto attraverso l’organizzazione, non ha alcun valore. L’organizzazione diventa uno schema in cui i membri trovano la loro collocazione. Non si ricerca più la Verità, non si mira più alla vetta, ma ci si scava una comoda nicchia in cui collocarsi o in cui farsi collocare dall’organizzazione, pensando che sarà l’organizzazione a condurci alla Verità.

A mio parere, questo è il primo motivo per cui l’Ordine della Stella va disciolto. Nonostante ciò probabilmente creerete altri ordini, entrerete a far parte di altre organizzazioni, sempre cercando la Verità. Io non voglio appartenere a nessuna organizzazione spirituale, vi prego di comprenderlo. Potrei ricorrere a un’organizzazione se volessi farmi trasportare, ad esempio, a Londra, ma si tratta di un’organizzazione completamente diversa, di tipo pratico, come le poste o il telegrafo. Se voglio fare un viaggio uso un’automobile o una nave: strumenti pratici che non hanno nulla a che vedere con la spiritualità. Ribadisco ancora una volta che nessuna organizzazione può condurre l’uomo alla spiritualità. Un’organizzazione creata a questo scopo diventa una stampella, una debolezza, una pastoia; è costretta ad azzoppare l’individuo per impedirgli di crescere, di sviluppare la propria singolarità che consiste nella scoperta, fatta da noi stessi, della Verità assoluta, incondizionata.

Questo è un altro motivo che mi ha portato alla decisione, essendo a capo dell’Ordine, di scioglierlo. Nessuno mi ha spinto a prendere questa decisione. Non è un gesto studiato per stupire, perché io non voglio seguaci e lo sottolineo. Nel momento stesso in cui si segue qualcuno non si segue più la Verità. Non mi importa che crediate alle mie parole. Voglio perseguire una certa cosa in questo mondo, e intendo farlo con incrollabile concentrazione. Il mio interesse va a un’unica cosa essenziale: la liberazione dell’uomo. Desidero liberarlo da tutte le sue gabbie e tutte le sue paure, e non dargli una setta o una religione in più, non formulare nuove teorie o nuove filosofie. Ovviamente potreste chiedermi perché giro il mondo tenendo continuamente discorsi. Vi voglio dire che non lo faccio perché desidero un seguito, non desidero un gruppo di speciali discepoli. (Come piace agli uomini essere diversi dai loro simili, e basandosi su distinzioni così ridicole, assurde e meschine! Io non ho nessuna intenzione di incoraggiare simili assurdità). Io non ho discepoli, non ho apostoli, né sulla terra né nel regno dello spirito. Non sono attratto dalla sete di denaro né dal desiderio di una vita comoda. Se desiderassi una vita comoda non sarei venuto a questo campo e non vivrei in un paese così piovoso! Vi parlo francamente perché vorrei chiarirlo una volta per tutte. Voglio evitare che queste polemiche infantili si trascinino per anni. Un giornalista che mi ha intervistato considera un gesto meraviglioso sciogliere un’organizzazione che conta migliaia di membri. Un grande gesto perché, come mi disse: "Che cosa farà adesso, come vivrà? Non avrà più seguaci e nessuno verrà più ad ascoltarla". Se vi saranno anche solo cinque persone che vogliono ascoltare, che vogliono vivere con il viso rivolto all’eternità, sarà sufficiente. A che cosa serve avere migliaia di persone che non capiscono, imbalsamate nei loro pregiudizi, che non desiderano il nuovo, ma che traducono il nuovo per adattarlo ai loro sterili, stagnanti io? Se parlo con crudezza, vi prego di non fraintendermi: non è per mancanza di compassione. Se avete bisogno di un chirurgo, non è un atto di gentilezza operarvi anche se ciò vi provoca dolore? Se quindi vi parlo con ruvidezza non è per mancanza di amore per voi, ma l’esatto contrario.

Come ho già detto, ho un unico scopo: rendere l’uomo libero, spingerlo verso la libertà, aiutarlo a staccarsi da tutti i limiti, perché soltanto ciò può dare eterna felicità, soltanto ciò può dare la realizzazione incondizionata del sé. Poiché io sono libero, incondizionato e intero (non parte, non relativo, ma la Verità totale che è eterna), il mio desiderio è che coloro che cercano di capirmi siano liberi e non che mi seguano o che mi trasformino in una gabbia per ricavarne un’altra religione o un’altra setta. Al contrario, vorrei che fossero liberi da ogni paura: dalla paura della religione, dalla paura della salvezza, dalla paura della spiritualità, dalla paura dell’amore, dalla paura della morte, dalla paura stessa della vita. Lo faccio come un pittore che dipinge una tela per piacere, perché il dipinto è la sua espressione, la sua radiosità, il suo star bene, e non perché io voglia qualcosa da qualcuno.

Abbiamo fatto l’abitudine all’autorità e alla sua atmosfera, e pensiamo che ci possa condurre alla spiritualità. Crediamo e speriamo che un altro, attraverso i suoi straordinari poteri, ci possa condurre (per miracolo!) nel regno dell’eterna libertà che è Felicità. La nostra visione della vita è tutta basata sull’autorità. Mi avete ascoltato per tre anni e in voi non si è prodotto nessun cambiamento, salvo in pochissimi. Analizzate ciò che vi dico, sottoponetelo a critica per poterlo comprendere pienamente e a fondo. Se cerchiamo un’autorità che ci conduca alla spiritualità, costruiamo automaticamente un’organizzazione attorno a quella autorità. Ma la creazione stessa dell’organizzazione che, secondo voi, aiuterà l’autorità a condurvi alla spiritualità, vi chiude in una gabbia. Vi sto parlando con franchezza, ma ricordate che lo faccio non per durezza o malanimo, né per eccitazione per la mia decisione, ma perché voglio che comprendiate ciò che vi dico. Questo è il motivo per cui siete qui, e sarebbe una perdita di tempo se non spiegassi con chiarezza e fino in fondo il mio punto di vista.

Sono diciotto anni che vi state preparando a questo evento, alla venuta del Maestro del Mondo. Per diciotto anni vi siete organizzati, avete cercato qualcuno che potesse dare un piacere nuovo al vostro cuore e alla vostra mente, che trasformasse la vostra vita, che vi comunicasse una nuova comprensione; qualcuno che vi innalzasse a un nuovo modo di vivere, che vi desse una nuova spinta, che vi rendesse liberi; e adesso osservate che cosa accade! Riflettete, ragionate da voi e cercate di capire come questa fede vi ha cambiati; ma non il cambiamento superficiale di applicarvi un distintivo, che è una cosa insignificante, assurda. Questa fede ha spazzato via dalla vostra vita tutte le cose inessenziali? Questo è l’unico metro di giudizio: siete più liberi, più grandi, più pericolosi per qualunque società fondata sul falso e sull’inessenziale? I membri dell’Ordine della Stella, come sono cambiati? Come ho già detto, per diciotto anni vi siete preparati per me. Non m’importa che crediate o no che io sia il Maestro del Mondo, non ha nessun valore. Come appartenenti all’organizzazione dell’Ordine della Stella avete dato la vostra adesione e la vostra energia, riconoscendo in Krishnamurti il Maestro del Mondo in tutto o in parte. In tutto, per coloro che sono realmente in ricerca; in parte, per coloro che sono soddisfatti delle loro mezze verità. Diciotto anni di preparazione, e guardate quanti ostacoli vi sono ancora sulla strada della vostra comprensione, quante complicazioni, quante cose inutili. I pregiudizi, le paure, le autorità, le chiese vecchie e nuove: tutto questo, ritengo, è una barriera alla comprensione. Non potrei essere più chiaro. Non voglio che vi dichiariate d’accordo con me. Non voglio che mi seguiate.

Voglio che comprendiate ciò che visto dicendo. È necessario che mi comprendiate perché la vostra fede non vi ha trasformato, ma vi ha resi ancora più complicati e non siete disposti a vedere le cose così come sono. Voi volete avere i vostri dèi, nuovi dèi al posto dei vecchi, nuove religioni al posto delle vecchie, nuove forme in sostituzione delle vecchie, tutte ugualmente prive di valore, tutte barriere, tutte limitazioni, tutte stampelle. Nuove distinzioni spirituali al posto delle vecchie, nuovi culti al posto dei vecchi. Tutti fate dipendere la vostra spiritualità da qualcun altro, fate dipendere la vostra felicità da qualcun altro, la vostra illuminazione da qualcun altro; e benché vi siate preparati per me per diciotto anni, quando dico che tutto ciò è inutile, quando dico che dovete sbarazzarvene e cercare dentro di voi l’illuminazione, il fulgore, la purezza e l’incorruttibilità del sé, nessuno di voi è disposto a farlo. Forse alcuni sì, ma pochi, pochissimi. Perché dunque avere un’organizzazione? Perché avere persone false e ipocrite che seguono me, l’incarnazione della Verità?

Vi prego di tenere a mente che non vi parlo per astio o malanimo, ma perché siamo giunti a un punto in cui è indispensabile affrontare la situazione per quella che è. L’anno scorso dissi che non avrei accettato compromessi. Pochissimi mi diedero ascolto. Quest’anno l’ho ribadito chiaramente. Non so quante migliaia di persone in tutto il mondo, membri dell’Ordine, si stanno preparando per me da diciotto anni, eppure non sono ancora pronte ad ascoltare incondizionatamente, totalmente, ciò che io dico. Allora, perché avere un’organizzazione? Vi ho già detto che il mio scopo è quello di tendere all’uomo incondizionatamente libero, perché ritengo che l’unica spiritualità sia l’incorruttibilità del sé che è eterno, sia l’armonia tra la ragione e l’amore. Questa è l’assoluta e incondizionata Verità che è la Vita stessa. Perciò voglio che l’uomo sia libero, gioioso come un uccello nel cielo splendente, sgravato, indipendente ed estatico nella sua libertà. A coloro che si sono preparati per diciotto anni dico che occorre essere liberi da tutto ciò, liberi dalle complicazioni e dagli impegolamenti. Perciò non avete bisogno di un’organizzazione basata su un credo spirituale. Perché mantenere un’organizzazione per quei cinque o dieci individui in tutto il mondo che hanno capito e che lottano per sbarazzarsi di tutte le cose inutili? Nemmeno ai deboli serve un’organizzazione che li aiuti a trovare la Verità, perché la Verità è in tutti, non è né lontana né vicina, è eternamente.

Le organizzazioni non possono farvi liberi. Nessun altro può renderci liberi. Nessun culto organizzato, e neppure l’immolarsi per una causa, può renderci liberi. Unirsi in un’organizzazione o gettarsi nel lavoro non può renderci liberi. Se per scrivere una lettera usiamo una macchina da scrivere, non la mettiamo su un altare per adorarla. Eppure è questo che si fa quando l’organizzazione diventa l’interesse principale. "Quanti iscritti avete?", è la prima domanda che mi pone qualunque giornalista. "Quanti sono i tuoi seguaci? Dal loro numero capiremo se stai dicendo il vero o il falso". Io non so quanti siate. Non me ne curo. Come ho già detto, anche se uno solo fosse stato reso libero, sarebbe abbastanza. Voi avete l’idea che solo determinate persone abbiano la chiave del Regno della Felicità. Nessuno la detiene. Nessuno ha l’autorità per farlo, la chiave è il vostro stesso sé, e solo nello sviluppo, nella purificazione e nell’incorruttibilità del sé c’è il Regno dell’Eternità. Vedete la totale assurdità della struttura che avete creato cercando un aiuto esterno, facendo dipendere da altri il vostro benessere, la vostra felicità, la vostra forza? Tutto ciò lo troverete in voi stessi. Perché allora un’organizzazione? Siete abituati a sentirvi spiegare i progressi che avete fatto, a sentirvi indicare il vostro livello spirituale. Che bambinata! Chi, se non noi stessi, può sapere se siamo belli o brutti interiormente? Chi, se non noi stessi, può dirci se siamo incorruttibili? Non avete serietà in queste cose.

Perché allora un’organizzazione? Coloro che vogliono realmente conoscere, coloro che cercano davvero ciò che è eterno, privo di inizio e privo di fine, cammineranno insieme con grande intensità e costituiranno un pericolo per tutto ciò che è inessenziale, per le irrealtà, per le ombre. Essi si uniranno e diverranno una fiamma, perché comprendono. Voglio creare un’unione così, questo è il mio scopo. Dalla vera comprensione nascerà vera amicizia. Dalla vera amicizia, che voi non sembrate conoscere, nascerà vera cooperazione reciproca. E ciò non a motivo di un’autorità, non in virtù di una salvezza o perché ci si è immolati per una causa, ma perché comprendendo davvero viviamo nell’eterno. Questo supera il maggiore piacere e il più grande sacrificio.

Ecco alcuni dei motivi che, dopo due anni di attenta riflessione, mi hanno indotto a prendere questa decisione. Non si tratta di un impulso momentaneo. Non vi sono stato spinto da nessuno. Nessuno mi ha convinto. Per due anni ho riflettuto con calma, profondamente e pazientemente, e oggi, in virtù del fatto che ne sono a capo, ho deciso di sciogliere l’Ordine. Potete costituire un’altra organizzazione e aspettare qualcun altro. Non mi interessa, così come non mi interessano le gabbie né nuove decorazioni per le gabbie. Il mio unico scopo è rendere l’uomo totalmente, assolutamente libero.



Discorso di scioglimento dell'Ordine della Stella d'Oriente,
3 agosto 1929, Ommen, Olanda

- dal libro "Libertà totale" -


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