venerdì 7 gennaio 2011

Risvegliarsi è smettere di sognare



– da “Psicomagia. Una terapia panica”
di Alejandro Jodorowsky


Sogno lucido, sogno terapeutico, sogno saggio, sogno umile, sogno generoso... Cos’è per te l’ultimo dei sogni, il nec plus ultra onirico?

Il sogno magico, creativo. In tutti questi anni di esplorazione onirica, ne ho fatto uno solo; eccolo:

Sono nella mia camera da letto. Appoggiandomi nell’aria con i palmi delle mani, spicco il volo. Decido di sentire tutta la potenza della mia voce. Lascio che il canto fuoriesca, emetto con forza incredibile alcuni suoni che superano di gran lunga gli acuti da opera lirica. Non devo sforzarmi per tirare fuori la voce: la invoco e viene. Non devo fare altro che lasciarla uscire dalla bocca per scoprirla viva e magica... Profondamente emozionato, sento che mi sto aprendo a una dimensione interiore finora sconosciuta. Del tutto ludico, apro gli occhi e mi sveglio: il cuore mi batte all’impazzata. Senza muovermi, richiamo alla memoria tutti i particolari del sogno. D’improvviso sento un canto, né vicino né lontano. Non proviene da una voce umana, ma non per questo smette di avere una sonorità umana: è come se l’intero quartiere di una città si fosse messo a cantare. Quel canto sembra provenire da un’altra dimensione. Dico a me stesso che sono ancora mezzo addormentato e devo osservare più lucidamente ciò che sta accadendo. Il fenomeno si ripete e mi abbandono all’ascolto, anche se il carattere assolutamente inedito dell’esperienza mi ha alterato il battito cardiaco. Da una parte, mi sento vittima di un’allucinazione; dall’altra, mi sembra che si stia aprendo uno spiraglio verso quello che potremmo chiamare non il terzo occhio ma il terzo udito, quello del “chiaroascolto”... Mi addormento profondamente e, in sogno, mi vedo in una via di Montmartre. Cammino mormorando: “Era una voce divina, la voce di una dea. Non proveniva da un essere umano ma dalla realtà stessa. Proveniva dalle strade, dalle case, dall’aria...”.


Formidabile. Ma torniamo a quel sogno che si chiama realtà: è possibile, come affermano alcuni saggi, vedere la propria vita come un sogno dal quale ci si dovrebbe svegliare?

Direi piuttosto che quel sogno inconscio che è la nostra vita deve diventare un sogno lucido. Ci fu un tempo in cui, prima di addormentarmi, avevo l’abitudine di passare in rassegna tutti gli avvenimenti del giorno. Visualizzavo il film della mia giornata, prima dalla mattina alla sera, e poi al contrario, secondo il consiglio di un antico libro di magia. La pratica della “retromarcia” mi permetteva di distanziarmi dagli eventi della giornata. Dopo aver analizzato, giudicato e preso posizione una prima volta, ripassavo il giorno in senso inverso e allora mi trovavo distante. La realtà, captata in questo modo, acquistava il carattere di un sogno lucido. Mi sono reso conto che anch’io, come tutti, in buona misura, sognavo la vita! Passare in rassegna la mia giornata di sera equivaleva alla pratica di ricordare i miei sogni di mattina.
Il mero fatto di ricordare un sogno equivale a organizzarlo. Non vedo il sogno intero ma solo alcuni particolari che ho selezionato. Analogamente, nel ripercorrere le ultime ventiquattr’ore, non rivivo tutti i fatti del giorno ma solo quelli che ho trattenuto. Questa selezione costituisce già una sorta di interpretazione sulla quale, in seguito, fondo i miei giudizi e i miei apprezzamenti. Per essere più coscienti di questa situazione, possiamo cominciare con il distinguere la nostra percezione del giorno dalla sua realtà oggettiva. Quando saremo in grado di non confonderle più, potremo assistere come spettatori allo sviluppo della giornata, senza lasciarci influenzare da giudizi o valutazioni. In veste di testimoni, si può interpretare la vita come si interpreta un sogno.

[...]

Posto che sogniamo la nostra vita, dobbiamo interpretarla e scoprire ciò che sta tentando di dirci, i messaggi che intende trasmetterci, fino a trasformarla in un sogno lucido. Una volta acquisita la lucidità, saremo liberi di intervenire sulla realtà sapendo che, se ci limitiamo a occuparci dei nostri desideri egoistici, saremo travolti, perderemo l’imparzialità di giudizio, il controllo e, di conseguenza, la possibilità di compiere un atto vero. Per poterci divertire comportandoci in questo modo, dobbiamo farci coinvolgere sempre meno sia dal sogno notturno sia da quello diurno che chiamiamo vita.


Questo distanziamento che non impedisce né l’azione né la compassione, ma non ammette né desiderio né pietismo, assomiglia molto alla saggezza.

Certo! A che cosa ti serve vivere con i tuoi sogni e fare uno sforzo per cercare di ottenere la lucidità, se non per trovare la saggezza? La realtà è un sogno nel quale dobbiamo lavorare per poter passare progressivamente dal sogno inconscio, sprovvisto di qualsiasi lucidità – che può sempre trasformarsi in incubo –, a quello che io chiamo “sogno saggio”.


E il Risveglio? Le tradizioni spirituali parlano di coloro che si sono risvegliati...

Risvegliarsi è smettere di sognare. In altre parole, è sparire da questo universo onirico per trasformarsi nella persona che lo sogna.




1 commento:

Anonimo ha detto...

Mooooooooooooooooooolto interessante; grazie per averlo postato :)

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